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Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi

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CATANZARO – Mentre tornano a salire le interdittive antimafia che erano in flessione nel 2022, la Calabria è in controtendenza, con un calo del 2,9%. Ma il dato calabrese va letto in rapporto con quello dell’Emilia Romagna, terra di proiezione della ‘ndrangheta, che anche col -19,2% si conferma la regione col maggior numero di provvedimenti al Nord. Sono gli elementi che più balzano all’attenzione, in un’ottica regionale, se si spulcia il prospetto reso noto dal Sole 24Ore che ha anticipato i dati del Viminale relativi all’anno appena passato. Lo scorso anno i provvedimenti emanati dai prefetti per bloccare i rapporti con la Pubblica amministrazione delle imprese sospettate di essere infiltrate dalla criminalità organizzata sono stati 2.007 contro i 1.495 dell’anno precedente, con un aumento del 34,2% e del 30,2% rispetto al 2019.

In particolare, sono cresciute del 32,5% le comunicazioni interdittive antimafia e del 36,3% le informazioni interdittive, ossia frutto di una valutazione discrezionale del rischio di infiltrazione. Il Sud si conferma la macroarea più interessata dallo stop alle imprese. In cima alla classifica per regioni c’è la Campania, con 490 interdittive (279 comunicazioni e 211 informazioni), cresciute del 47% rispetto al 2022. Un dato su cui incide soprattutto Napoli, che detiene il record con 351 provvedimenti, quadruplicati rispetto agli 87 dell’anno precedente. Segue la Sicilia, con un totale di 390 interdittive. La Calabria viene subito dopo, con 265 provvedimenti (102 comunicazioni e 163 informazioni), ma registra il -2,9% rispetto al 2022.

Il dato però non deve trarre in inganno perché la Calabria è una regione più piccola rispetto a Calabria e Sicilia e in termini assoluti il numero di provvedimenti, 265 appunto, continua ad essere elevato. In particolare, a Reggio Calabria si ha il numero più alto di provvedimenti, ben 75, e la riduzione più forte si registra a Catanzaro, da 130 a 21, pari al -83,8%. Al Nord la regione con più interdittive è sempre l’Emilia-Romagna, complice anche la sorveglianza legata agli appalti per la ricostruzione. In Emilia si registrano 215 provvedimenti tra comunicazioni (115) e informazioni (100), ma c’è un calo del 19,2% rispetto al 2022.

Sul dato regionale emiliano incide per il 67% la sola provincia di Reggio Emilia, con 144 interdittive, diminuite però del 28,3% (erano 201 nel 2022). Si consideri che tra le mafie operanti in Emilia la più potente è senz’altro quella di matrice cutrese, che proprio nel Reggiano ha il suo epicentro tanto da divenire oggetto del maxi processo Aemilia, il più grande, per numero di imputati, mai celebrato contro le mafie in Nord Italia. Ma, evidentemente, la super associazione mafiosa capeggiata dal boss ergastolano Nicolino Grande Aracri, pur sepolta da maxi retate e condanne per millenni di reclusione, dispone ancora, evidentemente, di enormi capitali che tenta di reimmettere nell’economia apparentemente legale attraverso le proprie imprese di riferimento.

Il maggior numero di provvedimenti rispetto alla Calabria si spiega, con ogni probabilità, anche col dinamismo produttivo che caratterizza le regioni del Nord, dove ormai si concentra il grosso del fatturato delle mafie, soprattutto della ‘ndrangheta. Addirittura nella mappa delle interdittive contenuta nelle ultime due relazioni semestrali della Dia l’Emilia superava la Calabria ed aveva il primato nazionale.

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