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VIBO VALENTIA – La Simeu lo ha detto più volte ma le sue denunce molto spesso sono rimaste inascoltate: le aggressioni a medici e personale sanitario hanno raggiunto una cadenza preoccupante e serve intervenire con misure drastiche e risolutive per garantire l’incolumità di chi opera nel settore. A farsi portavoce di tale istanze è il dottor Enzo Natale, Presidente regionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza che ribadisce le posizioni della Società Scientifica sullo scottante e purtroppo sempre attuale tema della violenza nei confronti degli operatori sanitari evidenziando, a seguito di uno studio specifico, come in Italia nel 63% dei Pronto Soccorso si verifichi in media almeno un episodio di violenza fisica, nella metà dei casi nelle strutture in cui il sovraffollamento di pazienti era maggiore.
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«In Pronto soccorso – spiega ancora Natale – l’incidenza di episodi di violenza è di 36 eventi per 10.000 accessi, con un’ampia variabilità (da 1 a 172 eventi per 10.000 accessi) spesso con storia di abuso di stupefacenti o di alcol (45 per 100 utenti con comportamento violento). A questo si aggiunge la mancata denuncia che riguarda sia i medici (75% dei casi) sia gli infermieri (70%); in quasi la metà dei casi di violenza fisica non sono stati presi provvedimenti e nel 70% gli aggrediti non hanno ricevuto una risposta formale dall’ospedale».
Secondo lo studio condotto dalla Simeu Calabria, che ha coinvolto oltre 400 partecipanti fra medici ed infermieri di 8 centri Spoke e 3 Hub della Regione, quello delle aggressioni ai medici o ai sanitari degli ospedali «è un fenomeno in escalation, se prima riguardava principalmente i medici ospedalieri dei Pronto Soccorso e le Guardie Mediche, ora sembra che le aggressioni non risparmino più nessun camice bianco, come in tutta Italia. In Calabria – ha dichiarato ancora Natale – si contano almeno 20 episodi di violenza al giorno. Da insulti di vario genere alle minacce, dagli sputi ai veri e propri pestaggi ai danneggiamenti alle strutture sanitarie. Il risultato di quest’indagine è indicativo su uno stato di allerta generale. Con riferimento alle ripetute recenti cronache di violenze avvenute in danno di medici in attività nelle strutture pubbliche, da parte di utenti trasformatisi in aggressori». Sono tre le componenti che caratterizzano il fenomeno: criticità, conseguenze fisiche e psichiche e, infine, le proposte.
CRITICITÀ
In relazione alla prima ci sono tre sottocategorie: i fattori di rischio relativi all’autore, poi fattori di rischio generali riferiti alle strutture con organico e/o risorse insufficienti e le cause scatenanti. I primi comprendono storia di comportamento violento del soggetto che potrebbe essere dovuta ad un’infanzia difficile, all’uso di stupefacenti o alcol, a malattie psichiche gravi, ovvero non diagnosticata e controllata adeguatamente e all’accesso ad armi da fuoco o a oggetti e strumenti che possono essere utilizzati per fare del male. I fattori di rischio generali legati alle strutture si riferiscono alla carenza di organizzazione dei servizi (lunghe attese, affollamento, mancanza di informazioni, difficoltà nella comunicazione, orari non consoni); ad un organico e/o risorse insufficienti, ad ambienti inadeguati, ad una sicurezza inadeguata e alla libera circolazione del pubblico in corridoi, camere, altri locali. Infine le cause scatenanti sono determinate dalla frustrazione dell’aggressore per un’aspettativa non soddisfatta (attenzione al suo caso percepita come diritto per esempio in Pronto Soccorso richiesta di cura immediata nonostante criteri di gravità bassi del triage codici 4 e 5); dal timore di ricevere “cattive notizie”; da spazi sovraffollati e lunghe attese senza ricevere informazioni; da attese e pretese degli utenti sempre maggiori e dal fallimento della comunicazione tra operatori sanitari e pazienti. Tutto questo non fa altro che disorientare i malati alimentando fra loro un clima di “incertezza e sospetto” e sfiducia nelle strutture sanitarie.
AGGRESSIONI A MEDICI E CONSEGUENZE FISICHE E PSICHICHE
L’operatore sanitario aggredito risente chiaramente delle conseguenze: si va dallo choc iniziale per arrivare al senso di sfiducia e perdita di motivazione fino a manifestare la volontà di dimettersi o l’intenzione di abbandonare la professione, e questo perché il luogo di lavoro viene percepito come pericoloso e il contesto incapace di offrire supporto. Oltre ad essere costretti a lavorare con organici ridotti, tra mille problemi, i camici bianchi devono sopportare un clima intimidatorio. «I medici – spiega ancora Natale – sono impegnati giornalmente, con senso di responsabilità, nella difesa della vita, effettuano interventi, spesso complessi, fanno diagnosi, prescrivono cure: non devono difendersi da un’utenza spesso esasperata, che li considera responsabili di una realtà di cui sono invece le prime vittime. Sono anni che si fanno denunce su questo problema e sono anni che vengono avanzate proposte di vario genere”.
LE PROPOSTE
In primis serve un cambiamento culturale per aumentare il livello di tutela degli operatori sanitari. “I medici Calabresi e vibonesi vogliono stabilire una alleanza terapeutica con i pazienti ed i loro familiari, ricucendo il rapporto fiduciario tra operatori sanitari e cittadini, che viene continuamente interrotto dalle criticità e dalle carenze organiche e strutturali sopra descritte. Sono loro spesso ad essere il volto del sistema sanitario. E poi serve un’opera di sensibilizzazione dei cittadini cui si deve associare l’istituzione, presso l’“Azienda Zero”, dell’Osservatorio regionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie con il compito di monitoraggio del problema; riceverà i dati da tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere relativi all’entità e alla frequenza del fenomeno violenza contro gli operatori sanitari.
Il presidente della Simeu reputa, quindi fondamentali intervenire sugli aspetti organizzativi e la formazione sulla gestione del rischio, un approccio coordinato e corale, la valorizzazione delle professioni sanitarie e auspica, offrendone la collaborazione e l’impegno di tutti i soci, che “i Direttori della Aziende sanitarie ed ospedaliere, le forze di polizia e tutte le competenti Autorità intervengano esercitando ogni loro potere al fine di ripristinare nei luoghi di lavoro del personale sanitario ed ausiliario, in cui accede il cittadino bisognoso di cure, la sicurezza necessaria a consentire un sereno ed efficiente svolgimento del lavoro, senza che i medici e il personale sanitario tutto si sentano in apprensione per la tutela della propria incolumità fisica; vogliono invece dedicarsi esclusivamente alla cura ed all’ascolto dei pazienti. Tutti gli operatori invitano i cittadini calabresi a ripetere ad alta voce che chi aggredisce un medico, aggredisce se stesso».
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