X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

Sanità, oltre 294 milioni di euro da pagare alle altre regioni, dati in peggioramento dimostrano una vera e propria fuga dei calabresi per curarsi: Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio le destinazioni principali


COSENZA – Il costo della fuga dei calabresi per curarsi in altre regioni torna a sfiorare i 300 milioni di euro. La Calabria, dati 2023, è in testa con oltre 294 milioni di euro da sborsare principalmente alle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e all’istituto pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il buco è stato messo nero su bianco nell’ultima conferenza delle Regioni, che ha approvato i dati relativi all’anno scorso. La Regione è in netto peggioramento rispetto ai dati del 2022. Un punto ampiamente previsto non soltanto da Agenas ma anche dai ministeri che controllano il piano di rientro della Regione Calabria. Il dato è ormai consolidato ed è indicativo di un processo fortemente dettato dalla necessità. Durante la pandemia, infatti, complici le chiusure e il blocco dei ricoveri, il saldo di mobilità passiva era sceso a circa 157 milioni di euro.

La Calabria, pur avendo un primato estremamente negativo ormai da oltre un decennio, non viaggia da sola. La Campania ha chiuso con un buco di oltre 250 milioni di euro. Complessivamente sono quattordici le Regioni con saldo negativo. Il tutto a favore dei colossi del sistema sanitario “regionalizzato”. La Lombardia in testa su tutte, dove i calabresi vengono ricoverati soprattutto per patologie che riguardano il sistema muscolo-scheletrico e cardiocircolatorio. Poi l’Emilia-Romagna e il Lazio. Infine, c’è da tenere in considerazione una consistente mobilità sanitaria in ambito pediatrico, con il Bambino Gesù ad accogliere la maggior parte dei piccoli pazienti residenti in Calabria.

SANITÀ, LA FUGA DEI CALABRESI VERSO LE ALTRE REGIONI

Nell’ultimo anno la Calabria ha chiesto supporto ad Agenas per poter arginare il problema, soluzioni in buona parte confluite nel programma operativo regionale in scadenza il prossimo anno e rimasto sostanzialmente un cantiere aperto. Da un lato il problema strutturale, di un sistema sanitario che non riesce a fornire le risposte opportune pur contando su numerose eccellenze, dall’altro un aspetto spesso passato sottotraccia: la presenza in altre regioni di cittadini con residenza ancora in Calabria. In mezzo c’è anche un sistema di controlli che dovrebbe verificare le schede rimborso inviate dalle regioni. L’ultima ricognizione nota risale al 2015. In quella occasione sono spuntati oltre quaranta milioni di euro di prestazioni non attribuibili alla Calabria.

Sul punto è intervenuto in una nota anche il gruppo Pd regionale. «Si tratta di dati drammatici, dietro ai quali si nascondono storie di cittadini e pazienti costretti a viaggi della speranza ed a sopportare ulteriori costi per sottoporsi a prestazioni sanitarie in grado di soddisfare le loro esigenze di cura o che sono costretti, quando ne hanno la possibilità, a rivolgersi alle strutture private. Numeri che destano profonda preoccupazione e che saranno ancora più aumentati dalla scellerata autonomia differenziata voluta dalla Lega. Cosa sta facendo il governo regionale per fronteggiare il fenomeno? Nulla. Anzi, con l’assenso dato all’autonomia differenziata a Roma, ha dato il proprio via libera a peggiorare la situazione»

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE