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Sanità, la Calabria continua a non spendere per la salute; Nell’ultimo verbale dei Ministeri ribadita la questione Lea, soldi ci sono ma non vengono utilizzati
COSENZA – I Livelli essenziali di assistenza, ovvero tutte le prestazioni che le regioni sono obbligate a fornire ai cittadini, migliorano di pochissimo sull’area ospedaliera sfiorando la sufficienza. Il resto è come sempre, c’è un problema molto serio sui bilanci (da ripresentare) e sulla ricognizione del debito, problema che ha portato al “congelamento” dei fondi. Ma soprattutto la Calabria continua a tenersi i soldi in cassa senza investire sui servizi sanitari, sulla salute dei cittadini.
Anche questa volta i tecnici ministeriali chiamati a monitorare la regione nel suo ormai eterno piano di rientro non ci vanno leggeri. E, in maniera de tutto inusuale, nel verbale della riunione del 22 gennaio scorso, viene anche messo nero su bianco lo scontro tra i tecnici e il presidente-commissario Occhiuto.
I numeri parlano chiaro: a fine 2022 la Calabria ha chiuso con un “buco” di 74,6 milioni. Per coprirlo ci sono soprattutto le entrate dovute alle tasse più alte d’Italia. Pagate dai calabresi per tenere in piedi il sistema sanitario regionale: 111 milioni. Ci sono poi 8,5 milioni di “quota sociale” e le stime aggiornate sulle entrate fiscali degli anni precedenti. Totale 120,9 milioni di euro. Alla fine, la Calabria chiude con l’ennesimo avanzo di gestione di 46,313 milioni di euro. Niente più buco.
Ma il problema è proprio qui, per la terza vota consecutiva i tecnici del ministero dell’Economia e della Salute dicono alla Calabria che non si stanno spendendo i soldi per l’assistenza sanitaria dei cittadini. In altre parole, la regione è in ritardo su tutti i provvedimenti necessari per riavviare quella sanità «in macerie» più volte descritta dal presidente-commissario. «L’avanzo che si osserva dopo le coperture nell’anno 2022 – si legge nel verbale – è collegato al ritardo degli interventi, come anche evidenziato dai numerosi accantonamenti delle risorse del Fondo sanitario regionale indistinto e vincolato, che avrebbero dovuto essere messi in atto per il potenziamento dei Lea, auspicati dalle numerose iniziative legislative nazionali a sostegno della Regione Calabria intervenute negli anni e dall’iscrizione dei contributi dello Stato a sostegno del Piano di rientro della Regione Calabria che appaiono non utilizzati».
Ora, la sanità in Calabria è in una morsa difficile. Perché nel frattempo la questione dei bilanci delle aziende mette seriamente in difficoltà il futuro. Stando alle stime sul 2023 la Regione è già in passivo di 27 milioni. Ma quanto scritto nei bilanci delle singole aziende, è in larga parte inattendibile e non definitivamente approvato. In altre parole, bisognerà ripresentare i bilanci 2022 di tutte le aziende.
Queste discrepanze si uniscono all’incertezza sul debito (che solo nel 2022 ammonta a un miliardo). La ricognizione sul debito pregresso è ancora in corso: oltre un anno dopo dalla ricognizione le aziende stanno ancora verificando le fatture. E la Guardia di Finanza sta controllando i singoli passaggi. Su quasi 873 milioni di debito commerciale al 2020 a gennaio c’erano da verificare almeno 406 milioni di euro circa.
Non solo: resta una differenza tra quanto dichiarato dai fornitori e quanto iscritto in contabilità, un residuo pesantissimo della “contabilità orale” degli anni precedenti. I tavoli chiedono tempi certi per concludere questo passaggio certificando però la “punizione”. Disallineamenti tra i bilanci e caso contenzioso non chiuso significa che i gettiti «derivanti dalle manovre fiscali -anche per la quota che risulta eccedente rispetto al fabbisogno di copertura della perdita del bilancio sanitario» sono da considerarsi non disponibili «fino a quando non sarà definitivamente quantificato lo stock del debito e non saranno approvati tutti i bilanci aziendali e consolidati, anche degli esercizi pregressi».
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