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COSENZA – Decreti o meno, l’epidemia è ancora una cosa seria in Calabria, soprattutto se si parla di diritto alle cure. In questa fase di endemizzazione certe prassi non sono cambiate, a partire dalla gestione delle liste d’attesa. Nel pubblico come nel privato accreditato.
Un appuntamento per una Tac, per esempio, rischia spostamenti anche di mesi in caso di positività del paziente, senza possibilità di operazioni “cuscinetto” per recuperare i giorni perduti causa quarantena. Si riparte da zero, insomma, salvo soluzioni a pagamento senza impegnativa.
È un punto che nel rapporto civico sulla salute di Cittadinanzattiva, pubblicato pochi giorni fa, viene sottolineato con forza a fronte dei limiti e del progressivo svuotamento causato dall’emergenza Covid in questi anni.
La Calabria è una di quelle regioni con una risposta “non soddisfacente” sull’accesso agli screening programmati ed ha accumulato un ritardo consistente. Sugli screening mammografici per esempio si è accumulato un ritardo di 11,2 mesi. Il numero più alto di tutta Italia. Stesso vale per lo screening colorettale. Il ritardo accumulato è di 10,7 mesi.
Non si riesce a guadagnare terreno nonostante un piano di recupero delle liste d’attesa ormai recepito dalle aziende. A tutt’ora il 47,1% degli interessati ha segnalato criticità nell’accesso o svolgimento di screening programmati. Una percentuale più alta rispetto ai primi mesi della pandemia (marzo-settembre 2020).
Nessun segnale di recupero neanche in relazione all’accesso o svolgimento di prestazioni diagnostiche, visite e ricoveri. Allo stato attuale il 43,2% continua a segnalare problemi, dato oltretutto in peggioramento rispetto ai primi mesi pandemici. Il dato diventa ancora più critico se si guarda allo svolgimento di prestazioni diagnostiche nelle strutture pubbliche calabresi. Ad oggi il 56,1% delle segnalazioni sono negative. Il range è in peggioramento consistente rispetto al 34,1% delle prime ondate.
Anche sulle visite specialistiche la condizione non migliora. Saldo negativo anche in questo caso. Sui ricoveri in reparti ospedalieri si mostra in tutta la sua fragilità il problema del recupero degli interventi chirurgici. Il 47,4% segnala criticità presenti ancora adesso. I numeri veri e propri però restano fermi al 2020 e sono sostanzialmente simili a quanto certificato dal dipartimento Salute nel piano di recupero delle liste d’attesa.
Quasi 2500 ricoveri in meno tra chirurgia oncologica e trapianti in un solo anno su novemila totali da recuperare in Calabria. Numeri che parlano da soli: 656 ricoveri in meno nel 2020 rispetto all’anno precedente per i casi clinici che “potenzialmente possono aggravarsi rapidamente”, 997 in meno in classe B, ovvero i ricoveri a 60 giorni “per i casi clinici che presentano intenso dolore o gravi disfunzioni o grave disabilità ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente”, 270 di classe C, ossia “ricovero entro 180 giorni per i casi clinici che presentano minimo dolore e non manifestano tendenza ad aggravarsi e 504 in classe D, vale a dire “ricovero senza attesa massima definita per i casi clinici che non presentano alcun dolore, disfunzione o disabilità”.
Quasi tutti i principali interventi per tumore maligno hanno il segno meno. Il dato più consistente riguarda il volume di ricoveri per tumore maligno alla colecisti: -41,2%, -23,3% per gli interventi all’ovaio, -19,3% per tumore maligno all’utero e -5,6% alla mammella.
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