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La cittadella regionale

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COSENZA – Uno dei motivi per cui la Calabria è fra le poche regioni che non è riuscita ad uscire dal commissariamento della sanità è la trasmissione dei dati. Da sempre difficoltosa a causa delle poche risorse umane in servizio presso il Dipartimento Salute della Regione, che nel tempo è stato depauperato forse anche per il commissariamento che ne ha ridotto le funzioni. Il presidente Occhiuto sin da subito ha individuato come suo obiettivo quello di riorganizzare il Dipartimento per evitare vecchi film già visti.

È difficile, ad esempio, migliorare i punteggi Lea (livelli essenziali di assistenza) se il dipartimento non invia al Ministero i dati su ricoveri e quant’altro. Giocoforza veniamo valutati per i pochi, e non sempre attendibili, numeri che vengono trasmessi. Purtroppo le cose non sembrano essere cambiate molto e lo dimostra il report del primo marzo scorso del centro studi della Camera dei Deputati dal titolo “Case della salute ed Ospedali di comunità: i presidi delle cure intermedie. Mappatura sul territorio e normativa nazionale e regionale”.

Si tratta di un dossier del centro studi per capire come questi presidi siano stati organizzati anche da un punto di vista normativo. Nella premessa del documento si legge che «è stato richiesto alle Regioni e alle Province autonome di trasmettere l’elenco delle Case della Salute e degli Ospedali di Comunità presenti nei rispettivi territori».

Se guardiamo la scheda dobbiamo concludere che al Dipartimento hanno avuto una botta di ottimismo. Nel report infatti si legge che in Calabria ci sarebbero (mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo) tredici Case della Salute attive e nessun ospedale di comunità. Sarebbe curioso chiedere ai burocrati regionali l’elenco di questi presidi, visto che a noi, e temiamo non solo a noi, non ne risulta attivata nessuna, nonostante i finanziamenti ci siano eccome.

Con il Dpgr numero 135 del 2011, rettificando parzialmente il Dgr numero 740/2009, sono stati rideterminati i siti in cui realizzare le Case della salute; più precisamente gli otto siti individuati con Dpgr 135/2011 per la realizzazione della Casa della salute sono: Trebisacce, Praia a Mare, San Marco Argentano, Cariati, Mesoraca, Chiaravalle, Scilla e Siderno. Le risorse disponibili sono euro 49.315.529,20 a seguito della rimodulazione del PAC con Dgr 40/2016.

Il finanziamento è così suddiviso: Asp di Cosenza: San Marco Argentano euro 8.149.648,89 – Cariati: 9.172.683,54; Asp di Crotone: Piattaforma sanitaria di Mesoraca euro 5.500.000,00; Asp di Catanzaro: Chiaravalle euro 8.100.000,00; Asp di Reggio Calabria: Scilla euro 8.270.000 – Siderno euro 9.760.000.

Insomma facendo due conti sono quasi 50 milioni di euro fermi dal 2011 in qualche cassetto. In realtà dall’elenco dobbiamo depennare i presidi di Praia a Mare e Trebisacce nel cosentino. I due nosocomi, dopo una lunga battaglia legale, sono stati infatti indicati dal Consiglio di Stato come ospedali di comunità e non più Case della Salute. La sostanza del ragionamento però non muta di moltissimo.

La Casa della Salute è stata prevista dalla legge Finanziaria 2007 e si tratta di strutture dove devono trovare collocazione gli studi dei Medici di Medicina Generale e deve essere garantita la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e per le 24 ore attraverso il lavoro in team con i medici di continuità assistenziale e di emergenza territoriale. Inoltre, nella Casa della salute deve essere attivato l’ambulatorio infermieristico e l’ambulatorio per le piccole urgenze che non richiedano l’accesso al PS Ospedaliero.

Insomma strutture fondamentali per la nostra regione dove nelle aree interne si fa difficoltà anche ad avere una guardia medica e, a volte, anche un medico di famiglia. Per il Dipartimento in Calabria ne abbiamo ben tredici funzionanti, ma i cittadini non se ne sono accorti.

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Fabio Grandinetti

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