Operatori sanitari impegnati nelle attività anticovid
1 minuto per la letturaCOSENZA – Solo in provincia di Cosenza ci sono poco più di 5mila casi positivi accertati, a Reggio si sfiorano gli ottomila, Vibo quasi quattromila.
Numeri che la Calabria non aveva mai visto. E mentre l’epidemia galoppa gli argini del sistema si sono rotti in piena assenza di un piano pandemico che ancora non c’è. Piano che oggi come non mai, con il sistema di tracciamento completamente saltato, era necessario più di qualsiasi altra cosa.
Il personale all’interno delle Usca è ridotto al minimo, difficile gestire centinaia di contagi al giorno e tracciarne i contatti stretti. Si alza bandiera bianca facendo quel che si può.
Nel frattempo diverse strutture che potrebbero processare i tamponi restano ferme. E così le situazioni si accumulano. Alcune quarantene vengono avviate anche dopo giorni dal risultato del tampone, difficile rispondere all’enorme richiesta domiciliare, l’autoquarantena resta l’unica strategia praticabile.
E qui c’è l’altro grande problema. Chi è positivo spesso e volentieri non collabora. I casi raccontati dagli addetti ai lavori si moltiplicano giorno dopo giorno. Moltissimi negano di aver avuto contatti con altre persone negli ultimi giorni o di aver frequentato luoghi e spazi, molto spesso si tratta di feste private. E così i casi positivi si moltiplicano e gli operatori sono costretti ad intervenire nuovamente su interi nuclei familiari, spesso anche con sintomi di infezione avanzata.
Si perde troppo tempo. E nel frattempo chi è costretto a casa spesso attende tempi biblici per il tampone della libertà. Una tempesta annunciata, servivano mezzi, controlli e personale. Non è arrivato nulla.
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