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COSENZA – Ventidue minuti sono un’eternità. Ed è il tempo medio da una chiamata di soccorso all’arrivo delle ambulanze in certe parti della Calabria.

Un numero inaccettabile per gli standard nazionali (il massimo consentito sono 18 minuti) e peggiorato rispetto agli anni precedenti. È una realtà tristemente consolidata, fatta di ambulanze vecchie e mancanza di personale nonostante intere porzioni di territorio da coprire.

O, come il caso dell’elisoccorso di Cosenza di questa estate appena trascorsa, di veri e propri “scippi” con contratti scaduti da anni e tenuti ben nascosti nei cassetti. Questa è la realtà del servizio emergenza in Calabria e le soluzioni sembrano essere ancora lontane. Così almeno si legge nell’ultimo verbale di verifica del piano di rientro.

I ministeri sono ancora in attesa di sapere che cosa si è fatto rispetto ai problemi elencati dai commissari a dicembre del 2020 e aggiornata a marzo del 2021. Una novità c’è, una convenzione stipulata tra il commissario Longo e la Stazione unica appaltante per riaprire le procedure di affidamento dell’elisoccorso, prorogate da anni nonostante i contratti scaduti e con costi mensili milionari.

Per il resto i tecnici del ministero «sollecitano l’invio di aggiornamenti sull’avanzamento delle attività previste per l’efficientamento del sistema di emergenza urgenza territoriale, al fine di superare le criticità presenti nella risposta del sistema di emergenza urgenza territoriale». La lista è lunga, ed è tutta di attività non completate che spesso sono rimaste soltanto sulla carta.

Uno degli obiettivi, ribadito a giugno scorso dal tavolo Adduce è l’«Istituzione e rafforzamento funzione centrale di coordinamento regionale, medicina di base e continuità assistenziale, elisoccorso, funzionari dedicate finalizzato a coordinare e apportare i miglioramenti alla rete di emergenza, in base ai risultati della costituenda rete informativa».

Ma in Calabria non sembra essere definito neanche il fabbisogno regionale relativo all’acquisto di mezzi di soccorso, né sono stati definiti gli standard. E questo nonostante in tutte le province gli operatori sono costretti ad utilizzare mezzi di soccorso dai 400mila fino ai 700mila chilometri sul groppone. Né è chiaro a che punto sia l’aggiornamento del sistema informatico per la gestione dell’emergenza urgenza, la rete informativa e l’unificazione delle centrali operative di Crotone e Vibo. Non ci si ritrova neanche sui grandi eventi: del gruppo di lavoro tra il dipartimento Salute e la Prociv non c’è traccia.

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