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COSENZA – Non è l’estate dello scorso anno, quella dei furgoncini piazzati negli autogrill a far tamponi a chi si “denunciava” su una piattaforma. E non è l’estate del panico per una festa in discoteca con annessi tamponi e drive in sotto il sole. O almeno si spera. Certo la Calabria si trova come tutte le altre regioni italiane in una situazione di allerta.
Il problema delle varianti è una certezza in una fase ancora delicata dal punto di vista vaccinale. La variante delta è già dalle nostre parti anche se in questi primissimi casi l’attento lavoro di isolamento sembra aver dato i suoi frutti. In fondo le armi a disposizione della Calabria sono quelle che il ministero ha ribadito in una nota di allerta inviata a tutte le Regioni. Fare tamponi e garantire un sistema di tracciamento capillare.
La Calabria nell’ultimo mese ha fatto tra i 2000 e i 2500 tamponi al giorno circa, tranne in alcuni casi dove si è scesi drasticamente sotto i mille nei fine settimana. L’intero sistema di tracciamento regionale si regge su un’impalcatura di carta. A fine anno scorso erano 111 le persone dedicate al contact tracing, ne sono stati aggiunti 64 a dicembre. Una forza estremamente esigua.
La maggior parte dei tracciatori è stata chiamata a tempo determinato, molti sono arrivati anche in fase di piena ondata. Anche per questo diverse volte la regione si è trovata a fare i conti con un sistema di tracciamento in tilt nei periodi di maggiore violenza epidemica. Una situazione che non è stata mai sanata del tutto soprattutto dal punto di vista del personale.
Nell’ultimo anno e mezzo siamo stati molto lenti: più volte agli ultimi posti per numero di tamponi ogni 100mila abitanti, personale ridotto all’osso anche nei centri predisposti all’analisi dei test e un numero irrisorio di assunzioni nonostante le ingenti risorse a disposizione, in gran parte rimaste non spese.
Il punto è che tra medici e infermieri il sistema sanitario calabrese ha chiamato in totale 1.474 persone per fronteggiare l’emergenza Covid. Alla fine del 2020 nei cassetti di Asp e aziende ospedaliere c’erano oltre 50 milioni degli 83 totali stanziati dal Governo per procedere alle assunzioni: più precisamente 50.625.000 euro su 83.722.000 disponibili. E queste poche persone adesso dovranno tornare a casa per scadenza di contratto, l’unica ancora di salvezza è la proroga dello stato di emergenza attualmente in scadenza al 31 luglio, cosa data quasi ormai per certa.
Nel frattempo la situazione resta in bilico e Giuseppe Mazzuca (Pd) passa all’attacco dell’Asp di Cosenza. «Mancano le risorse utili a garantire il funzionamento dei centri vaccinali, il personale delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziali) e delle Cot (Centrale operativa territoriale) non è sufficiente a garantirne il funzionamento, i contratti a tempo determinato degli operatori sanitari che hanno permesso di avviare la campagna di vaccinazione di massa dei calabresi, sono in scadenza ed è essenziale che vengano prorogati per mantenere efficiente e pienamente operativa la macchina dell’assistenza in caso di nuove possibili ondate. Era davvero necessario che il responsabile Risorse umane dell’Asp di Cosenza, Pasqualino Montilli, lasciasse vacante per tre giorni la postazione di lavoro proprio in questo momento?»
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