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MILANO – “La Calabria è l’unica regione d’Italia a non avere ancora attivato lo screening neonatale” per la diagnosi delle malattie rare. “Sappiamo che ha diversi problemi, ma ciò non vuol dire che i bambini calabresi non debbano avere questa importante opportunità”.

Lo sottolinea Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar, l’Osservatorio malattie rare che oggi presenta il Quaderno “Sne, prospettive di estensione del panel”, realizzato con il patrocinio di Fondazione Telethon e di Uniamo Fimr Onlus per dare indicazioni ai soggetti deputati ad aggiornare la lista di patologie ammesse allo Sne, lo screening neonatale esteso.

Su questo fronte “purtroppo non è stata ancora raggiunta l’unità d’Italia – afferma Giancarlo La Marca, direttore del Laboratorio screening neonatale allargato dell’Azienda ospedaliero universitaria Meyer di Firenze e presidente Simmesn (Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale) – la copertura in questo momento è ottima, ma non eccellente: copriamo 19 Regioni su 20 e il 96,5% della popolazione, ma l’obiettivo deve essere il 100%. Stiamo cercando di riunire i nostri sforzi perché anche il 3-4% della popolazione che non ha questo servizio possa averlo”.

Un servizio che, “dopo 15 anni di progetti pilota in varie Regioni”, ricorda l’esperto, è stato reso obbligatorio per legge in tutto il Paese e “ha permesso di rendere ogni neonato uguale, indipendentemente da dove viene alla luce. In passato avevamo infatti situazioni aberranti, con differenze addirittura tra un quartiere all’altro della stessa città”.

Un altro “elemento eccezionale della normativa che oggi regolamenta lo Sne in Italia”, evidenzia La Marca, è la possibilità di inserire il neonato in studi su terapie sperimentali in fase molto avanzata e “potenzialmente risolutive”, come ad esempio “la terapia genica. Spesso per poter essere arruolati in questi trial un soggetto deve essere ancora asintomatico, quindi lo screening neonatale può essere utile anche in questo contesto”.

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