Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto
INDICE DEI CONTENUTI
Il consiglio regionale della Calabria chiede al parlamento di tornare indietro sul ddl Calderoli. Il documento chiede analisi prima delle intese. Malumori nella Lega
IL CONSIGLIO regionale della Calabria chiede al Parlamento di «tornare indietro» sul testo del ddl Calderoli. Ovvero rifletterci su, rivederlo, analizzarlo e infine modificarlo rispetto alla prima lettura. Giuseppe Graziano (Azione) sintetizza così il senso del documento presentato da lui ieri al voto in aula, al termine della discussione sull’autonomia differenziata sollecitata nelle scorse settimane dal Pd.
Un documento che non risulterà unitario, ma del solo centrodestra: per l’opposizione la riforma non s’ha da fare e il Pd, tanto per non lasciare spazio ad equivoci, la definisce «una porcata» e tira fuori una sua mozione (di netta contrarietà) che finirà bocciata. E anche nel gruppo della Lega non mancano le frizioni. Quando il documento arriva al voto, il capogruppo Gelardi chiede una sospensione di cinque minuti, per «valutare il testo», ma il presidente del Consiglio Mancuso lo gela secco: «Non serve nessuna sospensione, se è contrario può votare no anche lei».
Gelardi non insiste e, nonostante qualche apparente segno di insofferenza che le telecamere d’aula inquadrano mentre Graziano legge il documento, vota a favore come l’intero gruppo del Carroccio. A confermarlo a seduta chiusa – visti i dubbi sulle mani alzate di Gelardi e del collega Mattiani – interviene il dirigente d’aula: il verbale finale riporta 17 voti a favore (i consiglieri di maggioranza presenti) e 10 contrari (opposizione).
IL TESTO DELLA MAGGIORANZA
Il documento si articola in due punti, ‘ispirati’ dall’intervento in aula del governatore Occhiuto. In quello più significativo – che fa proprie anche alcune perplessità espresse da Bankitalia – si definisce «necessario» impegnarsi con governo e Parlamento affinché non si consentano intese Stato-Regioni sulle materie non soggette ai Lep prima di una valutazione dell’impatto che avranno sulla vita quotidiana dei cittadini, sulla tenuta generale dell’ordinamento e sul funzionamento concorrenziale del mercato. Si tratta di quelle materie che non coinvolgono diritti sociali e civili dei cittadini – è il caso del commercio con l’estero o delle grandi reti di trasporto – e che, prevede la legge, potranno essere conferite subito alle Regioni che ne faranno richiesta, quando l’autonomia sarà approvata, a differenza delle materie che coinvolgono invece i Livelli essenziali delle prestazioni e che richiederanno prima la definizione delle risorse per garantirli in egual misura su tutto il territorio.
Avviare l’analisi richiesta dal Consiglio regionale implica invitare la Camera a ‘concedersi’ un dibattito più approfondito prima di arrivare al voto in aula – come suggerito anche da Tajani nei giorni scorsi – necessario, come dirà nel suo intervento Occhiuto, per un testo approdato in commissione con 2.600 emendamenti. «Credo che non lasciare al Parlamento il tempo adeguato per lavorare sul testo non sarebbe considerato dalle più alti istituzioni del Paese, penso alla presidenza della Repubblica, rispettoso della libertà e dell’autorevolezza delle assemblee elettive» commenta il governatore.
Al primo punto poi, il documento fa riferimento invece alle materie soggette ai Lep: qui si dice che il Consiglio si attiverà e vigilerà affinché i diritti sociali e civili siano garantiti a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, assicurando la possibilità di fare intese solo dopo il finanziamento integrale dei livelli essenziali di prestazione per tutte le Regioni.
Un’asserzione che si potrebbe definire superflua, visto che più volte nel dibattito il centrodestra – e lo stesso Occhiuto – rivendicano che su quel punto il disegni di legge è stato migliorato, rispetto alla bozza originaria, e che la stessa norma esclude la possibilità di fare intese su quelle materie, finché non saranno definiti i fondi per i Lep. E non parliamo di spiccioli: si stima un fabbisogno di circa 80 miliardi di euro, pari – i conti in aula li fa il capogruppo M5S Davide Tavernise – alle ultime quattro leggi di bilancio. «Se questo governo ha difficoltà a rinnovare il taglio del cuneo fiscale, che vale 15 miliardi, dove troverà i soldi dei Lep?» chiede scettico il grillino.
«NO MONEY NO PARTY SI È REALIZZATO GRAZIE A NOI»
E Occhiuto si mostra scettico quanto Tavernise. «Anche io sono convinto che sarà impossibile trovare le risorse per i Lep. E questo significa che, con buona pace delle Regioni del nord, le intese su quelle materie non si faranno – dice nel suo intervento il governatore – e il testo resterà una legge bandiera. Insomma, il mio ‘no money no party’ si è realizzato e grazie a noi. In ogni caso – aggiunge – dobbiamo vigilare. La maggioranza su questo punto deve assumere una posizione».
IL DIBATTITO
La posizione ‘terza’ di Occhiuto non trova sponde in minoranze. «Questa riforma va contrastata senza se e senza ma» dice Antonio Lo Schiavo (Misto). E Ferdinando Laghi (De Magistris presidente), di questo testo, sa già cosa prendere: «Dico sì ai Lep, no all’autonomia». Va giù duro Franco Iacucci (Pd): «Cercate di ricostruirvi una verginità che non potete rivendicare. Due mesi fa dicevate che il ddl Calderoli avrebbe portato vantaggi, ora piangete lacrime di coccodrillo» commenta. E il collega di gruppo Ernesto Alecci tira fuori un salvadanaio a forma di porcellino da regalare a Calderoli «per gli spiccioli che pensa di dare alla Calabria». Il centrodestra ribadisce di non avere pregiudizi contro l’autonomia differenziata, ma che «non svenderà» la regione. Parole proprio del leghista Gelardi, che il ddl Calderoli, dice, «senza garanzie sui Lep non può partire».
Il ddl è «un’opportunità» dice il presidente Mancuso, ma «ognuno di noi è anche parte di una regione che ha accumulato problemi e ritardi di sviluppo che ci impongono di anteporre alle appartenenze politiche gli interessi delle nostre comunità».
«SE VOLETE UN MASANIELLO PRESIDENTE, TROVATELO E CANDIDATEMELO CONTRO»
Non alza i toni il presidente Occhiuto, replicando al Pd. «Ho promesso all’assessore Gallo, che mi conosce da ragazzo, che non mi partirà un embolo – scherza – Vi dico però che io e voi facciamo un lavoro diverso. Voi potete assumere posizioni di principio, io governo una regione e sono leader nazionale di un partito: non cerco applausi, lavoro per migliorare il testo. E ci sono riuscito. Se volete un presidente Masaniello, trovatelo e tra qualche anno potete candidarlo contro di me. I calabresi sceglieranno se votare un Masaniello o chi, con tutti i suoi sforzi, ha cercato di far crescere questa regione, realizzando già un miracolo in questi due anni e mezzo rispetto a quanto mai fatto nei vent’anni precedenti».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA