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Diciassette partecipanti al concorso per presidi in Calabria denunciano presunte anomalie. E hanno presentato ricorso al Tar del Lazio chiedendone l’annullamento. Una raffica di istanze che ha interessato molte regioni d’Italia
Cosa è accaduto nel concorso per dirigenti scolastici bandito il 18 dicembre del 2023? Un gruppo di 17 partecipanti calabresi denunciano presunte gravi anomalie. Una circostanza in linea con quanto avvenuto in altre regioni d’Italia, dove si è verificata una pioggia di ricorsi. Anche alcuni candidati calabresi – rappresentati dagli avvocati Domenico Naso e Francesca Virga – hanno presentato ricorso al Tar Lazio chiedendo l’annullamento del concorso. Dopo aver superato la prova preselettiva, gli aspiranti dirigenti scolastici hanno partecipato alla prova scritta del 30 ottobre 2024. In Calabria i posti a disposizione erano undici.
CONCORSO PRESIDI, IL CODICE IDENTIFICATIVO
Come succede di solito nelle procedure concorsuali ai candidati è stato consegnato un codice segreto. Nel ricorso si legge: «La consegna del detto codice non avveniva all’interno di alcuna busta, essendo consegnato a mano o talvolta estratto da urne visibili a tutti i candidati. Il codice, pertanto, che doveva rimanere “segreto” o, meglio, non conosciuto dai componenti della commissione, in realtà veniva consegnato ai candidati in modo palese, tale da poter abbinare sin prima dell’inizio della prova scritta il codice al singolo candidato». Una circostanza che – secondo i ricorrenti – avrebbe determinato «l’associazione del codice al candidato prima dell’espletamento della prova scritta».
Un particolare che aggiunge, secondo i ricorrenti, altri elementi di dubbio, è quello di uno dei responsabili di aula che, in alcuni laboratori, «consigliava espressamente di trascrivere il codice o di fotografarlo, circostanza verificatasi in molte aule», secondo quanto si legge nel documento inviato al Tribunale amministrativo.
La sequenza alfanumerica, al termine della prova scritta, sarebbe poi stata inserita al pc dallo stesso responsabile di aula e non dal candidato. E così – secondo i 17 ricorrenti – sarebbe stato violato il principio dell’anonimato, pregiudicando il diritto dei ricorrenti a una prova trasparente.
CONCORSO PRESIDI, L’ESTRAZIONE DEI QUESITI
A preoccupare i ricorrenti è anche la tempistica dell’estrazione dei quesiti che «venivano collaudati a partire da più di dieci giorni precedenti lo svolgimento della prova, per essere poi estratti due giorni prima della stessa, in un lasso temporale di dieci minuti». C’è da capire come mai sia nella fase di collaudo che in quella di estrazione fossero «presenti i referenti del Consorzio Cineca» e non testimoni per assistere alle procedure amministrative.
«Il Ministero è incorso in aperta violazione di legge, laddove il D.P.R. n. 487/1994 prescrive chiaramente l’obbligatorietà della scelta della traccia “da sottoporre ai candidati … tramite sorteggio da parte di almeno due candidati”, circostanza nel caso di specie non verificatasi». È quanto scrivono nel ricorso gli avvocati Domenico Naso e Francesca Virga.
CONCORSO PRESIDI, LA CREAZIONE DEL PDF
I metadati presenti nei file aggiungerebbero ulteriori elementi di incertezza. Nel ricorso si fa riferimento a «quanto dichiarato dalla commissione», secondo la quale l’11 febbraio (verbale n.14) «le operazioni di scioglimento dell’anonimato si sarebbero svolte dalle ore 11.00 alle ore 14.00 ed avrebbero portato, quindi, alla creazione degli elaborati prodotti da ciascun candidato, nonché alla creazione del documento in pdf del verbale già menzionato. Pur tuttavia, emerge una discrepanza negli orari tenuto conto che, da una attenta analisi dei metadati, emerge che il verbale n. 14 risulta essere stato creato alle ore 17:15».
I ricorrenti si chiedono come sia stata possibile la creazione dei file pdf alle ore 15:45. Un elemento emerso dall’esame dei metadati presenti nei file dei compiti dei singoli candidati. Eppure la commissione di esame avrebbe – si legge ancora nel ricorso – «espressamente dichiarato, nel verbale che tutte le operazioni si sono svolte dalle ore 11:00 alle ore 14:00».
«DISPARITÀ DI TRATTAMENTO»
Il bando prevedeva espressamente (secondo L’art. 7) la durata massima di 180 minuti della prova, salvo coloro che per legge potevano avere tempi aggiuntivi. Secondo i ricorrenti le cose non sarebbero andate per il verso giusto. E fanno riferimento al verbale n.5 relativo alla prova svolta nel Polo Tecnologico Professionale “Rambaldi – Da Fazio” di Lamezia Terme. Nel verbale n.5 si cita un candidato che avrebbe fatto notare uno sfarfallio sullo schermo e poi il blocco della tastiera che non consentiva la digitazione.
Il responsabile di aula ha deciso di riavviare il pc per recuperare la prova. Recupero che non sarebbe riuscito nemmeno dopo l’intervento di un addetto di Cineca. A quel punto – si legge nel verbale – «si è reso necessario far sostenere ex novo la prova». Il fatto che si sia consentito al candidato di ripetere la prova, per i ricorrenti è «in aperta violazione del principio di non discriminazione rispetto a tutti gli altri candidati».
IL CODICE
Nel comma 4 dell’articolo 7 del bando ogni candidato poteva avere con sé leggi e atti aventi forza di legge solo se non commentati o corredati da annotazioni. In uno dei verbali (quello del Laboratorio di Informatica 2) si legge che in un codice utilizzato erano «riportate numerose fonti del diritto di rango secondario la cui consultazione non è consentita». Circostanza che ha determinato l’esclusione di due candidate per violazione dell’art. 7, c. 4 del bando, con annullamento delle rispettive prove.
Nel ricorso, poi, si legge che «i codici non consentiti erano in realtà ben di più rispetto a quelli che il comitato di vigilanza è stato costretto a riconoscere come presenti in aula solo a seguito di ripetuti e pressanti solleciti da parte degli altri candidati».
Sono solo una parte dei temi oggetto del ricorso. Se accertati basterebbero a far esplodere uno scandalo di enormi proporzioni.
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