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CATANZARO – Luci e ombre. Sono quelle che avvolgono gli istituti penitenziari calabresi, in alcuni dei quali l’associazione nazionale “Antigone” ha fatto ingresso – anche nei mesi estivi del 2022 – delineandone, per l’appunto, i “punti di forza” e i nodi problematici. È di luglio scorso, ad esempio, la visita nel nuovo complesso della Casa circondariale di Vibo Valentia: una delle poche strutture penitenziarie della regione «a non patire il sovraffollamento». Su una capienza regolamentare di 362 persone, infatti, il numero di detenuti presenti all’arrivo dell’associazione è di 344.
Nonostante questo, Antigone scrive: «Di fatti, però, le celle utilizzate ospitano spesso un numero eccessivo di persone detenute, rendendo difficile la convivenza quotidiana e quest’ultimo dato è aggravato dall’assenza, quasi totale, di attività trattamentali, da alcune sofferenze dell’area sanitaria e dalla mancanza di manutenzione dell’edificio e degli spazi detentivi. Il clima in istituto, pertanto, è di generale tensione».
Esiste, inoltre, una biblioteca, che tuttavia non risulta accessibile come spazio comune e pure il teatro presente è sottoutilizzato, «sottolineando la vocazione più contenitiva che trattamentale dell’istituto stesso», dove altro grande assente è il lavoro. «Le poche attività – si legge ancora nel report di Antigone – sono saltuarie (un’azienda locale, nel periodo natalizio, impiega alcuni detenuti nel confezionamento di ceste) o coinvolgono un numero esiguo di ristretti (solo due nella produzione di infissi in alluminio alle dipendenze di una ditta esterna)».
Passando poi alla Casa circondariale di Crotone, dove la visita di Antigone è datata allo scorso mese di agosto, ci si rende conto che i numeri dei ristretti «siano risaliti». «Il sovraffollamento però – è scritto nella scheda – non causa grandi problemi». Su una capienza regolamentare fissata a 88 persone, i reclusi – presenti dinnanzi ad Antigone – sono 127.
«L’istituto si trova senza direzione sin dai primi anni dell’apertura, nonostante la direttrice si rechi in struttura con regolarità due volte alla settimana. Ci viene segnalata – riporta Antigone – la pressoché totale assenza di una rete di volontari, ministri di culto ed enti formatori. Al momento della visita, infatti, non erano attivi corsi culturali e/o professionali. I laboratori di fabbro, falegnameria e vetreria, nonostante siano molto ampi, ben tenuti e dotati di macchinari professionali di alto livello, sono – continua l’associazione – inutilizzati da molti anni in quanto non vi è un interesse esterno da parte di enti formatori o di collaborazione da parte di imprese del territorio. Ci viene segnalato un alto numero di persone affette da patologie psichiatriche che sono di difficile gestione, al momento della visita 8 di loro si trovavano separati dagli altri detenuti, tutti inseriti nella sezione transito».
Poi, Locri. Qui, in provincia di Reggio, la visita è di aprile 2022. E il problema “maggiore” che si riscontra è proprio il sovraffollamento, al 131 per cento: 117 i ristretti presenti al momento della visita su una capienza di 89 persone. Oltre a ciò, si riscontrano «l’assenza di mediatori linguistici e di vari ministri di culto a fronte di una presenza considerevole di stranieri, l’assenza di medici specialistici quali il cardiologo, l’ortopedico e il dentista, disponibili su richiesta. Le figure sanitarie stabili sono il direttore sanitario, il medico generico e un infermiere. Il medico è presente solo 12 ore al giorno compresi i festivi; pertanto, in caso di urgenza le persone detenute vengono tradotte nell’Ospedale civile di Locri. Infine, la formazione professionale delle persone detenute, assicurata da una serie di attività formative non è ancora certificata tramite il rilascio di attestati, nonostante i notevoli sforzi della direzione e dell’area educativa orientati all’ottenimento degli stessi».
Infine, c’è Rossano, nel Cosentino, sulla cui Casa di reclusione questo giornale ha nei giorni scorsi già svolto un approfondimento. Proprio qui (la visita è risalente ad agosto 2022) il nodo critico è rappresentato dal sovrannumero di detenuti (291 su 265).
«Ogni cella ha il bagno in ambiente separato e docce. Tuttavia, al momento della visita, in alcune di esse erano reclusi fino a 5 o 6 detenuti con un evidente problema di spazi interni e di qualità della vita. Situazione aggravata dal fatto che nell’istituto vige il regime delle celle chiuse e i detenuti possono uscire solo per 4 ore al giorno. Proprio per questo particolare regime i detenuti hanno chiesto di poter dotare le celle di un frigo. L’unico infatti è in un ambiente comune della sezione che, però, per la maggior parte della giornata, è inaccessibile. La direzione ha autorizzato la richiesta (i detenuti lo acquisterebbero in maniera autonoma) ma si attende il nulla osta del Dap che tarda ad arrivare», scrive Antigone che compie un viaggio, dunque, tra luci e ombre. Ma che, soprattutto, apre gli occhi.
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