Cartelli contro le mafie e pro Gratteri esposti a Milano
5 minuti per la letturaMILANO – “Fuori la ‘ndrangheta, dentro la musica”. Come un mantra. Anzi, una preghiera laica. Così è finita la prima manifestazione nazionale anti ‘ndrangheta svoltasi a Milano a sostegno di Nicola Gratteri, il procuratore di Catanzaro al centro di progetti di attentato che hanno messo in allerta i 150 enti promotori chiamati a raccolta da Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel, infaticabile animatore della mobilitazione.
In 8000, raccoltisi in piazza Duca D’Aosta sfidando l’afa, dinanzi la stazione centrale, hanno seguito a ritmo di tarantella Giovanni De Siena, il cantante della storica band calabrese del Parto delle nuvole pesanti, che dopo un monologo sui beni confiscati alle mafie ha incitato dal palco i partecipanti. Poco prima era toccato a Linarello, definito come il presidente di un’«associazione di marziani» dal giornalista Paolo di Giannantonio, che con la collega Angela Iantosca ha condotto la manifestazione, spiegare il senso di una mobilitazione che ha coinvolto le organizzazioni del Terzo Settore, del sindacato, della società civile; senso racchiuso in una «preghiera laica», come l’ha chiamata. «Gratteri non si tocca», eccola la preghiera.
La piazza applaude e scandisce al termine di 34 giorni di passione: tanti ce ne sono voluti per mettere insieme adesioni di associazioni e di personalità del mondo dello spettacolo e del giornalismo nolti dei quali hanno idealmente partecipato alla manifestazione con videomessaggi. Da Al Bano a Ficarra e Picone a Luca Zingaretti a tanti altri.
«Che l’ultimo progetto di attentato fosse più serio e imminente di altri lo si capisce dal fatto che la scorta è stata triplicata – ha sottolineato il presidente del consorzio che nella Locride, casa madre della ‘ndrangheta, gestisce beni confiscati e più volte ha subito intimidazioni e danneggiamenti – La mancata nomina a procuratore nazionale antimafia è stata letta in chiave delegittimatoria dalla ‘ndrangheta e ha reso questo progetto ancora più credibile. Dobbiamo arrivare il giorno prima e cambiare il corso della storia perché Gratteri non si tocca». Ma Linarello si è rivolto anche agli ‘ndranghetisti. Direttamente, con fare da “marziano”. «Voi che siete qui in piazza ad ascoltare e riferire, avete seguito una strada di rovina ma vi siete rivelati più astuti delle altre mafie mantenendo un profilo basso per continuare a gestire i vostri affari. Ma col progetto di attentato a Gratteri vi state dimostrando stupidi perché accadrebbe quello che è accaduto dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, quando lo Stato schiacciò Cosa nostra. Se accadesse qualcosa a Gratteri, ci sarebbe un’azione repressiva nei confronti di tutte le famiglie ‘ndranghetiste con reti a strascico».
Linarello ha spiegato anche perché la manifestazione è stata fatta a Milano: «State costruendo affari redditizi in questo territorio e vogliamo impedirlo». E ancora: «La stagione delle stragi è finita, fa parte di altri tempi, la risposta della società civile sarà durissima».
Ma Linarello ha fatto anche appello al Governo perché attui una strategia della prevenzione contro le infiltrazioni mafiose sui fondi Pnrr. Gli ha fatto eco don Marco Pagniello, direttore della Caritas: «Quando non c’è giustizia i primi ad essere derubati sono i poveri. Vogliamo far la nostra parte ed essere scorta civica di Gratteri e di chi si adopera contro le mafie». E a un certo punto il messaggio di Gratteri ai manifestanti è arrivato, a nome suo e delle donne e degli uomini di forze dell’ordine e magistratura: «È bene che non dica altro. Ma sentire al nostro fianco la parte migliore del Paese conforta e ci rafforza». Una densità di significato si raccoglie in quel non detto. «È bene che non dica altro».
Intanto si susseguivano gli interventi dei promotori. Alessandro Pagano, segretario della Cgil lombarda, ha denunciato la «permeabilità» del sistema economico della sua regione alla ‘ndrangheta, accusata di essere «responsabile anche del fenomeno del caporalato». Chiara Tommasini, presidente nazionale dei Centri servizi per il volontariato, ha auspicato: «Squarciare l’indifferenza prima che accada l’irrimediabile». Lo scrittore Pino Aprile ha segnalato l’oscuramento mediatico del processo Rinascita (accusa che non può certo essere rivolta a buona parte dei media calabresi) e ha ricordato che nelle migliaia di intercettazioni eseguite nell’ambito dell’inchiesta che ha portato al più grande processo contro la ‘ndrangheta al Nord, quello denominato Aemilia, «non troverete minacce, era la società civile che cercava gli ‘ndranghetisti per fare affari». Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura, ha ricordato di aver appreso da Gratteri che «la mafia si può vincere se si convincono le persone che devono fidarsi delle istituzioni».
Enrico Fontana responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente, ha sottolineato che «la ‘ndrangheta è al centro di colossali traffici di rifiuti».
Roberta Vincini e Francesco Scoppola, presidenti Agesci, si sono fatti portavoce della solidarietà di 150mila ragazzi e 30mila capi scout a Gratteri. Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà, è intervenuto in rappresentanza di «migliaia di persone che lavorano per una società più giusta e per loro la ‘ndrangheta è il primo nemico». Toccante il monologo dell’attrice Daria Daloia sulla storia di Debora Cartisano, vittima di sequestro di persona.
Ma in apertura spazio anche gli interventi della Chiesa, dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, «contento che la manifestazione si faccia a Milano perché il fenomeno riguarda tutto il Paese», al vescovo di Mileto, monsignor Attilio Nostro, che a nome della Cec ha detto che i vescovi calabresi accompagnano Gratteri con la preghiera. Tra i rappresentanti istituzionali intervenuti, il calabrese Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, che ha parlato della ‘ndrangheta come «prima emergenza del Paese». Sta tutto in questo grido di allarme il senso della mobilitazione.
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