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Massimo Giletti

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EGREGIO Massimo Giletti, a lei che è nato a Torino, mi permetto di suggerire di parlare anche del suo Piemonte domenica prossima a “Non è l’arena”.  La tragedia della funivia Stresa-Montarone è accaduta nella sua regione di origine.  Affronti la vicenda come quando parla della Calabria. Inviti un urlatore piemontese indignato per quello che è accaduto, chiami un politico che sappia spiegare il rimpallo delle responsabilità tra Regione Piemonte, il Comune di Stresa e le società di gestione.  

La strage è avvenuta per fare profitto. Il difetto dell’impianto era noto. Alla riapertura non si è voluto rinunciare ai ticket dei turisti che volevano salire su quella cabina definita “una roulette russa”.   Il responsabile della funivia è un cattolico fervente distrutto dal senso di colpa. L’ingegnere è un bravo professionista, il titolare della società è una vittima dei danni della pandemia.

Non ne siamo usciti migliori dal Covid.  Ventitrè corse al giorno, quindici passeggeri a viaggio, 20 euro di biglietto. Settemila euro al giorno il prezzo della strage. Secondo il magistrato “Si è trattata di scelta consapevole dettata da ragioni economiche. L’impianto avrebbe dovuto restare fermo”.  

Giletti faccia capire come ragionano in quella opulenta provincia del Piemonte alcune persone.  La Calabria questa volta è solo vittima.  Siamo di casa in Piemonte dai tempi del libro “Cuore”, quando il maestro accoglie l’alunno di Reggio Calabria dicendo: “Oggi entra nella scuola un piccolo italiano nato a Reggio di Calabria, a più di cinquecento miglia di qua. Vogliate bene al vostro fratello venuto di lontano. Egli è nato in una terra gloriosa, che diede all’Italia degli uomini illustri, e le dà dei forti lavoratori e dei bravi soldati; in una delle più belle terre della nostra patria, dove son grandi foreste e grandi montagne, abitate da un popolo pieno d’ingegno e di coraggio”.  

Sono tanti i calabresi in Piemonte. Pochi sono ‘ndranghetisti. La gran parte persone per bene. In questa immane tragedia ci sentiamo vittime. Serena Cosentino era una calabrese brava. Emigrata dalla sua Diamante per lavorare a Verbania, una ragazza che ha fatto accendere in segno di omaggio le luci tricolore del Cnr dove lavorava. Un omaggio a chi cercava un mondo migliore con il suo fidanzato iraniano Mohammadreza Shahaisavandi.

A Diamante oggi sarà lutto cittadino per i figli persi in questa tragedia. Serena era una calabrese per bene. Famiglia numerosa del ceto medio, laurea con 110 e lode, emigrata al Nord per lavorare, morta assieme al fidanzato a causa di piemontesi disonesti.  

C’è una quindicesima vittima calabrese al Mottarone. L’operatore televisivo Nicola Pontoriero. Vibonese, residente a Sesto San Giovanni. Arrivava sempre per primo sulle notizie. I colleghi del TgCom hanno detto che vogliono ritirare la sua telecamera, come si fa con la maglietta dei giocatori famosi. E’ morto d’infarto a 62 anni Nicola. Calabrese bravo e onesto.  

Giletti, domenica, racconti anche queste notizie a “Non è l’Arena”. Come calabresi ne saremmo grati.

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