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Quello che resta dell'aereo DC9 precipitato a Ustica

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Intervista a Daria Bonfietti, presidente dell’associazione parenti delle vittime della tragedia di Ustica, in cerca di verità dopo 44 anni

«LUI avrebbe fatto la stessa cosa per me». Sono fugaci i riferimenti di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, al fratello Alberto, che quel 27 giugno del 1980 era a bordo del DC9, in viaggio da Bologna a Palermo, insieme alle altre 80 persone coinvolte «in un episodio di guerra aerea», come sottolineato dal giudice Rosario Priore nella sua sentenza ordinanza del 1999. La ricerca di verità e giustizia, bandendo ogni personalismo, è sempre stata al centro del suo impegno.

Presidente Bonfietti, a ridosso del quarantaquattresimo anniversario della strage di Ustica, sono stati realizzati molti servizi giornalistici e non si è persa occasione per riparlare di quanto avvenne quel 27 giugno, proponendo vecchie ma anche nuove testimonianze in cerca della verità. Lei che da tanti anni, dal 1988 credo, data della costituzione dell’associazione, si fa carico di questa memoria dolorosa, la sua e quella degli altri familiari delle vittime, cosa ritiene che questi testimoni abbiano aggiunto a ciò che già sapevamo?

«La mia battaglia è nata nel 1986, io ero da sola, non sapevo chi erano i parenti delle altre vittime, non ci eravamo mai visti, né incontrati. Si parlava di un sano cedimento strutturale che aveva impedito qualsiasi tipo di collegamento e poi la maggior parte di loro erano siciliani e io non potevo sapere i nomi di chi stava su quell’aereo con mio fratello. Ma indipendentemente dagli altri, io insieme all’avvocato romano Romeo Ferrucci abbiamo formato un comitato per la verità su Ustica formato da intellettuali, politici ed ex presidenti della Corte costituzionale che hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica girata poi al Governo, nella quale si chiedeva chiarezza su quanto era accaduto. E il Governo, allora Craxi, ma con la presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio che si chiamava e si chiama Giuliano Amato, lesse questa lettera e si recò dal magistrato per cercare di capire meglio tutta la vicenda. Il giudice Santacroce, senza giri di parole, disse ad Amato che o gli recuperavano il relitto del DC9 in fondo al mare o sarebbe stato costretto ad archiviare perché i generali, esperti in materia, avevano parlato di cedimento strutturale. Punto. Che si ricordino sempre questi primi sei anni di menzogne dette dagli uomini degli apparati dello Stato. Poi siamo arrivati noi, sono arrivate le pressioni ed è cominciato tutto. Amato fece stanziare miliardi per andare a recuperare l’aereo, e non erano quelle ordinarie spese di giustizia, ma preso il relitto nel 1987, la verità cominciò ad emergere, le prime perizie dell’89 parlavano di missili, qualcuno diceva che non era vero, si cominciò a ruotare attorno alle altre possibilità. Nel ’90 cambiò il giudice, arrivò Rosario Priore e da quel momento in poi partì la vera ricerca della verità perché il giudice cominciò ad interrogare tutti coloro che qualcun altro non chiamò prima, e mi riferisco agli avieri, i controllori di volo, tutti quelli che stavano nei siti radar. Fino a quel momento si era rinunciato a capire accontentandosi di una verità pacificante per tutti. Con perizie su perizie fatte fare dal giudice Priore si ritornò in fondo al mare e si arrivò, nel ’92, al recupero di altri pezzi dell’aereo che porteranno sette anni dopo alla sua sentenza ordinanza la quale stabilì che il DC9 era stato abbattuto nel corso di un atto di guerra non dichiarato. Questa è la verità giudiziaria sulle cause della strage di Ustica. Chiunque dica altro, dice menzogne. Chi è stato non lo sapeva Priore e non lo sappiamo noi. Il giudice concluse dicendo che in cielo in quel momento c’erano aerei americani, francesi, inglesi, belgi e alcuni con il transponder spento, probabilmente libici. E perché lo dice? Mica se le è inventate queste presenze. Priore va alla Nato per farsi decretare dei tabulati che i nostri generali non avevano voluto decretargli adducendo un segreto militare della Nato».

Daria Bonfietti

E la politica, in che modo reagì?

«In quel momento la politica fece la sua parte chiedendo al segretario generale della Nato, Javier Solana, di parlare con gli esperti della Nato per dirimere questa faccenda. Tante cose non vengono più dette e si dovrebbe parlare di altro piuttosto che dire sciocchezze. Priore andò con i suoi tre pm a Bruxelles e gli esperti della Nato gli dissero di poter decretare i tabulati che lui gli aveva portato perché non c’era nessun segreto militare della Nato, ma confermarono che quel che accade la sera del 27 giugno del 1980, era stata una singola operazione dei Paesi coinvolti. Questo è il contesto fornito dagli esperti della Nato a un giudice della Repubblica italiana. Quando nel 2008 Francesco Cossiga tirò fuori la sua verità firmando le sue dichiarazioni davanti ai magistrati, si sono riaperte le indagini che sono tutt’oggi aperte e noi chiediamo, dopo 16 anni, di sapere chi sono gli autori materiali dell’abbattimento del DC9, e cosa è stato fatto dalla magistratura in questo lasso di tempo».

Cosa disse, in particolare, Cossiga?

«Le dichiarazioni di Cossiga furono enormi, incredibili, impossibili da non considerare. Cito testualmente: “A fine anni ’80 l’ammiraglio Martini mi diceva che probabilmente erano stati i francesi ad abbattere il DC9 e il generale Santovito, capo del Sismi nell’80, telefonò a Gheddafi per dirgli di non sorvolare quell’area”. Di fatto noi abbiamo avvisato un nemico del pericolo e Cossiga spiega che il pilota dell’aereo francese tornato sulla portaerei, dopo essersi reso conto di aver abbattuto un aereo con dei civili, si sarebbe suicidato. Questo è il racconto del nostro ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Repubblica. Noi dopo queste rivelazioni ci aspettavamo lo svelamento definitivo e invece non è successo niente».

Ma perché dopo tanti anni dalla tragedia di Ustica questa verità continua a rimanere sepolta?

«Non lo so, pensiamolo tutti insieme. Probabilmente era indicibile quello che doveva succedere. Anche Amato ha chiesto a Macron perché continuano a mantenere questo segreto. Allora era indicibile dire che bisognava abbattere l’aereo del leader libico Gheddafi. Cosa sarebbe successo il giorno dopo? Ma in ogni caso siccome non è successo quello che doveva succedere, non potevano dire scusate, ci siamo sbagliati. Per questo si è tenuto il segreto allora, perché non si poteva dire quello che si doveva fare, ma oggi io dico al nostro Governo che se non ci arriva la magistratura, ci vadano loro dai nostri alleati a chiedere cosa ci facevano nei nostri cieli. Ora deve entrare in gioco la politica. Anche le persone che hanno ammazzato Giulio Regeni li vorremmo in Italia, o no? Il problema è solo politico».

Cosa ha rappresentato per lei, familiare di una vittima della strage, entrare nei palazzi della politica come senatrice?

«È stata un’esperienza importantissima perché si è riportata l’attenzione sulla strage però devo dire che l’unica Commissione parlamentare che si è occupata seriamente della vicenda di Ustica è stata quella presieduta da Libero Gualtieri negli anni ’90 che veramente voleva capire cosa era accaduto e tutti i parlamentari erano abbastanza schierati nel volerla questa benedetta verità. La sua bellissima relazione dice che uomini delle nostre istituzioni e uomini dell’Aeronautica militare hanno fatto diventare l’ottantaduesima vittima della strage l’Aeronautica militare stessa. Il giudice Priore, infatti, concludendo la sua sentenza ordinanza, rinvierà a giudizio i generali dell’Aeronautica militare per alto tradimento. Riparlare come è stato fatto nei giorni scorsi della strage di Ustica, sviando l’attenzione sui fatti già accertati, non fa altro che confutare verità già accertate. Non è stato aggiunto niente a ciò che già sapevamo. A me procura molta tristezza che qualche militare dopo 44 anni venga fuori confermando delle cose che già sapevamo e mi chiedo, con maggiore insistenza, a quale malinteso senso di fedeltà stanno ancora ubbidendo questi uomini dell’Aeronautica militare».

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