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Il luogo nel naufragio di Cutro e il professor Ercole Giap Parini

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RENDE – Una pluralità di voci esperte a confronto sul caso Cutro al fine di offrire un contributo in termini di teoria, prassi e prospettive. Questo lo spirito di un seminario organizzato dal Dispes (dipartimento di scienze politiche e sociali) dell’UniCal per l’inaugurazione dell’anno accademico 2023/24 che si terrà dal 23 al 27 ottobre prossimi presso l’aula Caldora, dalle 9,30 alle 13. “Riemergere da Cutro. Migrazioni e accoglienza fra pratiche sociali, diritti e cittadinanza” è il tema attorno al quale il direttore del dipartimento, Ercole Giap Parini, ha chiamato a confrontarsi sociologi, storici, giuristi, assistenti sociali specialisti ma anche i testimoni diretti di un dramma di proporzioni immense, che portano dentro una ferita ancora aperta.

Sono gli operatori sociali, molti dei quali ex studenti dell’UniCal, intervenuti durante la prima assistenza ai superstiti e ai familiari delle vittime: il professor Giap Parini li ha abbracciati quando è giunto sul luogo della tragedia, nell’immediatezza dei fatti. Quell’abbraccio prosegue idealmente, ma l’approccio oggi è scientifico.

Professore, perché questa riflessione a più voci?

«L’idea è quella di mettere assieme varie prospettive scientifiche da cui guardare un fenomeno complesso. E di mettere a confronto tanti sguardi per offrire una visione della complessità. Prospettive scientifiche ma anche testimonianze dirette. Non a caso la prima giornata si apre con alcuni protagonisti dell’emergenza. Quando siamo andati il 26 febbraio in quel contesto, siamo stati letteralmente abbracciati da nostre ex studentesse e studenti oggi divenuti operatrici ed operatori dell’accoglienza per istituzioni pubbliche e associazioni. È stato commovente. È importante che alcune di queste persone siano con noi durante la prima giornata del seminario, per testimoniare».

Cosa può fare l’università per sostenere le richieste di sostegno dalla rete dei servizi?

«La prima funzione dell’università è quella didattica, di formazione. Il nostro impegno è quello di formare professionisti sempre più competenti, capaci di apprendere dalla complessità del mondo. Formare professionisti capaci di empatia ma dotati anche di competenze professionali. Professionisti pronti ad apprendere anche sul campo perché il fenomeno delle migrazioni, per esempio, è in continua mutazione».

C’è un paradosso: il cosiddetto Decreto Cutro contiene un pacchetto di misure più restrittive, che penalizza ulteriormente i migranti. Si discuterà anche di politiche migratorie?

«Studio le migrazioni da qualche decennio e mi sono reso conto che innalzare muri, in senso metaforico, muri sempre più elevati, non blocca i flussi. Più si restringono le norme, più si peggiora la condizione di chi entra. Il problema è quello della qualità dell’accoglienza. Ci sono Stati che hanno accolto meglio di noi e questo è stato fattore di arricchimento sociale. Più si alzeranno i muri più ci ritroveremo con problemi di devianza, criminalità, ghettizzazione».

Il 26 febbraio l’Italia si è accorta che Cutro non è soltanto terra di ‘ndrangheta ma anche esempio di coesione e solidarietà…

«La complessità della nostra regione è proprio questa. La Calabria è attraversata da grandi contraddizioni. Quando si passa dalle notizie dei flussi degli sbarchi, da un’eco mediatica appiattita, alla realtà del fenomeno nella sua tridimensionalità, e si vedono i volti dei bambini che sbarcano o dannatamente muoiono, quando vedi le cose nella loro realtà, cambia tutto. Allora scatta una dimensione di umanità e di empatia che mette a tacere tutto il resto. Questo a Cutro è stato vivido. La popolazione e gli operatori sono rimasti profondamente colpiti da quello che era successo. Questo fa ben sperare, vuol dire che l’umanità ancora c’è, indipendentemente dai punti di vista politici. Di fronte alla tridimensionalità cadono ideologie e stereotipi e rimangono le persone da aiutare in nome di una costitutiva umanità».

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