X
<
>

Nicola Gratteri

Share
7 minuti per la lettura

La ricetta di Nicola Gratteri per la criminalità minorile: «Investire in istruzione per far crescere i ragazzi in un ambiente migliore ed educare gli adulti che non fanno i genitori»

CATANZARO – Investire in istruzione e in cultura ed educare i genitori ad essere genitori e non amici dei figli. È in sintesi quanto dichiarato dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, in merito agli stupri di gruppo di Caivano e Palermo che hanno visto vittime due bambine di dodici e dieci anni, nel primo caso, ed una ragazza diciannovenne nel secondo.

Episodi da ritenere ancora più gravi, se si pensa che le vittime sono state anche filmate e derise dagli aguzzini e i video caricati sui vari social network, aumentando il disagio e il timore nelle vittime. Rete e Internet sono ritenuti da molti esperti causa di queste devianze tra i giovani, reputati privi di interessi e obiettivi concreti non solo per il presente quanto anche per il proprio futuro.

GRATTERI E L’ANALISI SULLA CRIMINALITÀ MINORILE

Dichiarazioni, quelle del procuratore Gratteri, che riprendono non ultimo, anche l’assurdo caso della morte del giovane musicista Giovanbattista Cutolo ucciso ad appena 24anni a Napoli – a seguito di una lite scoppiata per futili motivi – da un colpo di pistola sparato da un ragazzo di poco più di 16anni (ritenuto vicino ad ambienti criminali della città partenopea), la scorsa settimana, come di altri fatti di cronaca che negli ultimi mesi hanno destato non poche preoccupazioni tra i cittadini che indifferentemente nelle grandi città e in piccoli centri assistono sempre più frequentemente a risse e atti di criminalità e violenza da parte di giovani e giovanissimi.

Oltre ad allarmare le stesse istituzioni, forze dell’ordine e ad aver portato in questi giorni la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ad indire un CdM proprio per trovare una soluzione al problema della criminalità tra gli adolescenti, con un decreto legge ad hoc che possa servire anche come deterrente per tutti quei ragazzi che potrebbero macchiarsi di reati simili.

Episodi di violenza e criminalità questi, che vedono sempre più spesso “protagonisti” di tali efferatezze, proprio i più giovani. Ragazzi anche minorenni, sempre più assuefatti dalle droghe cosiddette leggere, immersi h24 nel vasto mondo di Internet, incollati perennemente al display degli smartphone dove si concentra tutta la loro “vita”.

IL RUOLO DEI SOCIAL NETWORK NELLE DINAMICHE DELLA CRIMINALITÀ MINORILE

Adolescenti che sono spesso coetanei delle vittime “prescelte” e da loro abusate, bullizzate e/o uccise, quasi come se per loro la vita dei propri simili fosse paragonabile a quella di uno dei tanti personaggi dei videogiochi più in voga di questi tempi dove, anche se muore durante una partita, basta premere il pulsante “play” per resuscitarlo in quella seguente e così all’infinito. Una vita che per chi commette tali reati, non ha alcun valore ma serve a dimostrare postandoli sui social la propria forza e rispettabilità – perché nella maggior parte dei casi c’è sempre qualcuno che filma e posta sulle varie piattaforme i video degli stupri, delle aggressioni e delle violenze non solo verso le persone ma sempre più spesso anche verso animali inermi – aumentare il consenso in rete con qualche like in più e la possibilità, magari, di monetizzare e spopolare fra gli amici…virtuali.

Ma quale può essere la soluzione per contrastare la piaga della criminalità dei minori oltreché offrire loro una valida alternativa alla strada, e far sì che i nostri ragazzi – che diventeranno i professionisti di domani – non diventino dei delinquenti? In questi giorni sono molti ad interrogarsi e cercare di dare una spiegazione plausibile sul perché le generazioni “Zeta” ed “Alpha” siano così attratte dalla violenza.

Come sono altrettanti i professionisti tra psicologi, sociologi e rappresentanti della legge che hanno lanciato un appello alle famiglie, ai genitori in special modo, e agli insegnanti di questi bambini che vogliono apparire adulti, affinché si occupino in maniera più concreta della loro educazione sentimentale e civile.

INTERVISTA A NICOLA GRATTERI SULLA CRIMINALITÀ MINORILE

Ad alcune domande, ha risposto il procuratore Nicola Gratteri, secondo il quale, si deve investire maggiormente in istruzione e in cultura onde evitare la totale deriva dei ragazzi.

Caivano, Palermo, Napoli, sono solo alcuni dei fatti di cronaca che vedono adolescenti e minorenni, macchiarsi di reati gravi, quali stupri e omicidi. Procuratore Gratteri, che cosa sta accadendo tra i giovani?

«Quello che stiamo vedendo in questo ultimo periodo è un male che viene da lontano. È la sintesi del decadimento morale ed etico degli ultimi venti anni nella cultura occidentale, in particolare l’Italia, ed è la somma, il risultato di una serie di concause. Intanto, prima di parlare di educazione dei giovani si deve parlare di educazione degli adulti, di educazione dei genitori.
Abbiamo genitori che hanno in media 40-50 anni che sono diseducati, volgari, mediamente ignoranti, che vivono, prima dei loro figli, con il cellulare perennemente in mano e attraverso i social pensano di essere istruiti e colti. Non capendo, però, che la cultura è tutt’altra cosa. Non è la notizia trovata in Rete che, al massimo, può essere ritenuta informazione. Ma, anche in questo caso, si deve sempre vedere la fonte di tale informazione che deve essere autorevole e non una dispensatrice di fake news. Quindi il primo problema siamo noi genitori».

Famiglie/genitori assenti e scuole prive di “strumenti” per insegnare ai ragazzi, fin dall’asilo, i valori, l’amore, il rispetto della legge, il rispetto per il prossimo. Come si può uscire da questo gap?

«Non è facile. Gli interventi sul piano normativo possono servire come segnale, servire nell’immediato per tamponare, ma la soluzione del problema o l’avvicinarsi alla soluzione del problema richiede tempo e richiede denaro. Bisogna ripartire dai fondamentali creando più posti negli asili, e creando una scuola a tempo pieno. Oltre ovviamente a creare un sistema giudiziario proporzionato alla realtà criminale».

Quali sono le colpe attribuibili alle famiglie, ai genitori?

«In questi anni i genitori hanno voluto fare gli amici dei loro figli. Ma hanno abbandonato sistematicamente i figli. Se sono famiglie normali li hanno abbandonati davanti a Internet. Mentre se sono famiglie di mafiosi, di delinquenti, di criminali o famiglie con devianze, sono figli della strada. In questi anni abbiamo dato ai nostri figli oggetti e non amore, possesso ma non sentimenti».

Lo sport può essere un aiuto per togliere i ragazzi dalla strada e distrarli dal mondo virtuale?

«Sicuramente lo sport ha un ruolo importante nella vita dei giovani. Però dire sport che cosa vuol dire? Vuol dire creare strutture sportive con i relativi costi per costruirle, per la gestione, la manutenzione. Abbiamo visto a Caivano una struttura sportiva nuova e, allo stesso tempo, fatiscente e nessuno è andato a chiedere all’ente pubblico che l’ha costruita e a chi aveva la responsabilità di amministrare quella struttura, il motivo per il quale quel centro sportivo non è fruibile, non l’ha gestito e non lo ha fatto gestire. Queste sono grandi responsabilità e vanno chiarite. Il problema è fare cose, realizzare progetti di medio e lungo periodo. Cioè investire in istruzione, investire in cultura».

Quindi si deve ripartire dalla scuola.

«Una soluzione a questi problemi sicuramente è la scuola. Servono tanti educatori e tanti insegnanti che possano aiutare i ragazzi a crescere in un ambiente migliore grazie alla cultura. Abbiamo bisogno di una scuola a tempo pieno. In Italia non si investe più da decenni nell’istruzione, negli asili. Ci sono classi pollaio, e non va bene. Si devono gestire classi con un numero adeguato di alunni che i docenti possono seguire senza problemi e senza che ci siano troppi elementi tra gli studenti di disturbo. Questo è un problema serio. Non è un fatto di ordine pubblico, di sicurezza.
Certo, c’entra l’ordine pubblico, ma se noi mandiamo 400 uomini in più in una data zona cambia poco e il problema resta. Oltre al fatto che queste forze dell’ordine in più non ci sono al momento e bisognerebbe togliere organico da altra parte e resterebbero carenze in altri settori. Anche l’inasprimento delle pene è solo un intervento nell’immediato e nel breve periodo. Nel lungo periodo si dovranno fare riforme serie al sistema penale, processuale, detentivo. Il problema è strutturale. Importante è investire in istruzione, investire in cultura, investire in alternative alla strada, alle violenze. Ma per fare questo ci vogliono tanti soldi, ci vuole tanto impegno, tanti sacrifici, ma ci vuole soprattutto costanza».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE