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Una maxi operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato in Lombardia e in Calabria ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di trentaquattro persone, la maggior parte italiane, ritenute responsabili, a vario titolo, di reati tributari e fiscali, estorsione ed indebito utilizzo di carte di pagamento.
Inoltre, nell’ambito dell’inchiesta sono stati sequestrati beni per oltre 13 milioni di euro, comprese abitazioni riferibili ad un commercialista già tenutario di scritture contabili di società della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli.
Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano e dai Militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Como e delle Compagnie di Como e Olgiate Comasco della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica di Como, hanno consentito di fare luce su un complesso sistema fraudolento che, mediante lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose società cooperative e il ricorso massivo allo strumento dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, garantiva ingenti guadagni agli indagati, alcuni dei quali contigui alla criminalità organizzata calabrese.
Il sistema che ha portato alle violazioni tributarie e fiscali contestate, spiega in una nota il procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente è stato ingegnato da Massimiliano Ficarra (commercialista di Gioia Tauro, già tenutario di scritture contabili di società riferibili alla nota famiglia Piromalli) e Cesare Pravisano (ex funzionario di banca). Ai quali si è poi aggiunto il commercialista comasco Bruno De Benedetto. Questi professionisti, utilizzando le loro competenze nel settore bancario avevano ideato e messo in piedi un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale, che è andato avanti ininterrottamente dal 2010. Secondo la ricostruzione, Ficarra e Pravisano, creavano delle società cooperative (che godono di agevolazioni fiscali), a cui formalmente attribuire l’assunzione del personale dipendente.
Le indagini hanno permesso di accertare che le cooperative oggetto di indagine erano tali solo sulla carta, ma di fatto erano vere e proprie società operanti prevalentemente nel settore delle pulizie e facchinaggio, intestate a prestanome.
Le pseudo-cooperative, che lavoravano in subappalto per conto dei consorzi, riferibili a Pravisano e Ficarra, rimanevano in attività per circa due anni generando volumi d’affari piuttosto consistenti, mediamente oltre 1 milione di euro, che però venivano completamente nascosti al Fisco in quanto le cooperative non presentavano alcuna dichiarazione fiscale. Trascorso il periodo di operatività, le cooperative venivano lasciate inattive e ne venivamo costituite di nuove che operavano nello stesso modo, con gli stessi clienti e nelle quali venivano trasferiti i soci/dipendenti i quali, nella gran parte dei casi, non erano neanche a conoscenza di essere inquadrati come tali.
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