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Riunione del &quot;locale&quot; di 'ndrangheta di Legnano

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La Dda di Milano chiude le indagini sul sistema mafioso lombardo. Riproposta la tesi del consorzio tra ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra


La Dda di Milano ha chiuso l’inchiesta sul “sistema mafioso lombardo”. La pm Antimafia Alessandra Cerreti ha fatto notificare a 146 persone l’avviso di conclusione delle indagini su una confederazione orizzontale costituita da esponenti di cosche di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra operante prevalentemente nel Milanese e nel Varesotto. Un unicum nella storia della criminalità organizzata italiana. Il gip distrettuale di Milano Tommaso Perna non accolse la tesi della pm Cerreti e dei carabinieri del Nucleo investigativo di un consorzio tra le mafie.

E così, a fronte di 154 richieste di misure cautelari avanzate dalla Dda, ne furono disposte soltanto undici. Gli inquirenti però alla fine hanno avuto ragione. Il Tribunale del riesame di Milano ha smontato, un anno dopo, l’ordinanza del gip, riconoscendo l’accordo stabile. Non è una struttura “verticistica”. Ma una confederazione “orizzontale” costituita da condannati per associazione mafiosa sia nei territori della genesi storica delle organizzazioni criminali che in Lombardia. Gente che ha un suo “retaggio” criminale all’interno di strutture come cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra. E l’ipoesi della cupola mafiosa ricompare nell’avviso di conclusione delle indagini.

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L’INCHIESTA

L’inchiesta, sfociata nell’operazione denominata “Hydra”, dal mostro mitologico con sette teste che una volta tagliate ricrescono, prende l’avvio dal tentativo di riorganizzazione del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, proiezione al Nord del “locale” di Cirò. E si focalizza anche sulle famiglie calabresi degli Iamonte di Melito Porto Salvo e dei Romeo di San Luca. Coinvolge le cosche della famiglia palermitana Fidanzati e dei Rinzivillo più il mandamento di Castelvetrano, con i fedelissimi di Matteo Messina Denaro. Sul fronte della camorra si incentra sui presunti emissari del clan Senese, radicato in particolare a Roma. Sette derivazioni criminali e nomi di organizzazioni diverse che nel corso di 21 summit censiti, tra il marzo 2020 e il gennaio 2021, avrebbero creato un’alleanza. «Un’unica associazione, all’interno della quale ciascuna componente mafiosa ha apportato capitali, mezzi (mobili ed immobili), risorse (anche umane), background, reti relazionali».

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MAFIA TRASVERSALE

Sono state le dichiarazioni del pentito Emanuele De Castro, figura di vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, arrestato nel 2019 nell’operazione Krimisa condotta contro l’articolazione in terra lombarda della cosca Farao Marincola di Cirò, a dare impulso alla maxi inchiesta della Dda di Milano. De Castro faceva i nomi di Massimo Rosi, indicato come il nuovo capo dei cirotani in Lombardia, e Gaetano Cantarella, detto “Tanu ‘u curtu”, dal cui monitoraggio gli inquirenti sarebbero partiti per ricostruire i legami tra i vari esponenti dei clan di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra. A Rosi è stato attribuito un ruolo centrale nella «reazione di un sistema mafioso trasversale. La presunta organizzazione criminale avrebbe il suo fulcro nel Milanese nell’imprenditore siciliano Gioacchino Amico. Mentre nell’area di Cinisello Balsamo, Cambiago, Dairago, Inverno e Busto Garolfo, si sarebbe dotata addirittura di una rete logistica costituita da uffici commerciali e società. Là si tenevano i summit per programmare l’assalto all’economia lombarda.

‘NDRANGHETA

Soltanto nel Milanese sono 18 i “locali” di ‘ndrangheta individuati. Quelli di Bollate, Bresso, Ganzo, Cormano, Corsico, Desio, Erba, Legnanoe Lonate Pozzolo, Limbiate, Mariano Comense, Milano, Pavia, Pioltello, Seregno, Solaro. Sono governati da un organo supremo detto “Lombardia” in cui, nel tempo, hanno rivestito ruoli di vertice Cosimo Barranca, Carmelo Novella (assassinato nel 2008), Pasquale Zappia. Ruolo centrale nella fase focalizzata dall’inchiesta ha però il “locale” di Legnano, alleato alla casa madre cirotana e con al vertice Vincenzo Rispoli, Massimo Rosi, Giacomo Cristello, Francesco Bellusci, Pasquale Filomeno Toscano. C’è anche la cosca Iamonte di Desio, collegata a quella di Melito Porto Salvo, rappresentata da Santo Crea, Filippo Crea, Maria Domenica Posto, Demetrio Tripodi, Lorenzo Stiraci, Saverio Pintaudi, Claudio Scotti. E poi c’è Antonio Romeo, figlio di Filippo, esponente di punta dell’omonima famiglia di San Luca. L’aristocrazia della ‘ndrangheta.

COSA NOSTRA

Espressione di Cosa Nostra in Lombardia è innanzitutto la famiglia Fidanzati di Palermo, con al vertice Stefano e Giuseppe Fidanzati, Antonino Galioto e Pietro Mannino. Poi ci sono esponenti del mandamento di Castelvetrano e della provincia di Trapani collegati, fino alla sua recente scomparsa, al super latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di Paolo Aurelio Errante Parrino, Bernardo, Michele e Domenico Pace, Rosario e Giovanni Abilone, Diego Cislaghi. Poi c’è la famiglia catanese dei Rinzivillo alleata dei calabresi. Ne avrebbero fatto parte Dario e Fabio Nicastro Fabio, Rosario Bonvissuto. E il gruppo Mazzei.

CAMORRA

Il gruppo è quello dei Senese radicato anche a Roma. Ne avrebbero fatto parte Vincenzo Senese, Gioacchino Amico, Giancarlo Vestiti, Francesco Berducci, Federica Buccafusca, Giuseppe Castiglia, Giovanni Cirillo, Antonio Sorrentino, Emanuele Gregorini, Pietro Mazzotta, Raimondo Orlando, Daniela Sangalli, Eduardo Maria Vestiti, Marika Vestiti.

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