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Antonio Nicaso e Nicola Gratteri

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di ANTONIO ANASTASI
CATANZARO – «Hanno fatto di tutto per screditarlo ma non ci sono riusciti». Questo il commento a caldo del professor Antonio Nicaso, lo storico delle organizzazioni criminali che insieme al procuratore Nicola Gratteri, è coautore di numerosi best seller che fanno conoscere anche al grande pubblico come si sta evolvendo la ‘ndrangheta.

Li lega una lunga amicizia e il professore, che insegna Storia sociale delle organizzazioni criminali alla Queen’s University, in Canada, si è svegliato all’alba, tenendo conto del fuso orario, per seguire in diretta il dibattito che ha preceduto il voto del plenum del Csm che, come era nelle previsioni, si è spaccato sulla nomina del capo della Procura di Napoli: 19 voti per Gratteri, 8 per la facente funzioni che ha guidato in un anno di “interregno” l’ufficio partenopeo, Rosa Volpe, mentre l’altro candidato, il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha conseguito 5 preferenze.

Ha pesato, però, anche il curriculum di Gratteri, perché è stato scelto, nonostante non abbia mai svolto attività a Napoli, alla guida di un ufficio di Procura tra i più delicati d’Italia anche perchè è il più grande del Paese e il più grande d’Europa, con 9 procuratori aggiunti e 102 sostituti.

Tutto come nelle previsioni, professore, sia la nomina che gli addetti ai lavori davano per scontata, sia la spaccatura nel Csm…

«Hanno fatto di tutto per screditarlo ma non ci sono riusciti. Gratteri lascia per la prima volta la sua terra e questo amareggia chi in lui aveva visto un simbolo di speranza e riscatto per la Calabria.nIl suo lavoro a Catanzaro continuerà grazie a magistrati preparati come Vincenzo Capomolla che lo sostituirà fino a quando non verrà nominato un nuovo capo dell’Ufficio. Adesso va a dirigere la Procura più grande d’Italia. Oggi il mattino ricordava che tra i capi di quell’ufficio c’è stato Agostino Cordova. Gratteri è un uomo determinato e coraggioso e saprà come muoversi e come farsi apprezzare. Sarà il suo ultimo incarico se non dovesse essere prorogato il limite dei 70 anni. Un incarico che per lui è una sfida e un’opportunità dal punto di vista umano e professionale perché andrà a indagare su un’organizzazione diversa dalla ‘ndrangheta, ma con cui la ‘ndrangheta ha collaborato sin dai tempi del contrabbando di sigarette. La camorra di Raffaele Cutolo ha utilizzato i codici della ‘ndrangheta per creare un’organizzazione simile. Una sfida in più, tra le tante che ha affrontato, perché sarà chiamato a indagare su un fenomeno pervasivo, pernicioso e radicato in quei territori».

Ha pesato il suo curriculum ma Gratteri è anche amato dalla gente comune. Anche in Campania, in questi giorni, si è registrata grande partecipazione agli incontri col procuratore che presenta il vostro ultimo libro, a dimostrazione del fatto che era atteso dalla comunità ma è stato criticato anche per questo, per la sua “autopromozione mediatica”…

«È atteso con grande affetto dappertutto. Gratteri è uno di quei magistrati molto amati dalla gente, meno amato dal potere, dalle istituzioni che spesso gli attribuiscono caratteristiche che non ha mai avuto. Non è un accentratore o uno sceriffo o un monopolizzatore, delega molto quando sa di potersi fidare, concede spazi ai suoi collaboratori e li valorizza. L’inchiesta Rinascita-Scott, per esempio, l’ha affidata a magistrati esperti e ad altri meno esperti ma comunque preparati, ed è un grande motivatore. Non si alza da una riunione se non viene presa una decisione, una riunione con lui non finisce mai con risultato incartato, alla fine prende una decisione dopo aver ascoltato tutti e se le proposte suggerite gli sembrano buone non fa fatica a recepirle. Questo può essere scambiato per decisionismo. A molti non piace ma è quello che ha sempre fatto, non guardando in faccia nessuno, svolgendo indagini in tutte le direzioni. E poi ci sono queste grandi manifestazioni di affetto e generosità. La relatrice Mazzola la ricordato l’esperienza della vecchietta felice di parlare col procuratore, perché il magistrato che incarna offre risposte a tutti i cittadini».

Pensiamo alle manifestazioni di apprezzamento dopo l’operazione Rinascita, non è usuale che in Calabria si rivolgano applausi alle forze dell’ordine dopo gli arresti…

«Gli applausi davanti alla sede del Comando provinciale dei carabinieri di Vibo non erano scontati. Non sono sono scontati in Calabria. Quando era a Locri, continuamente dovevano cancellare scritte sui muri che non erano certo incoraggianti, erano minacce molto eloquenti, adesso fanno i murales con la faccia di Gratteri, gli dedicano perfino gli alberi, c’è molta attenzione e molta gratitudine per quello che ha fatto in Calabria, dove lascia un vuoto importante».

Se fosse dipeso da lui non avrebbe lasciato la Calabria, che ama in modo viscerale…

«È entrato in magistratura nell’86, se avesse voluto lo avrebbe fatto da giovane, quando gli si sono presentate altre opportunità. Prima a Catanzaro come uditore, poi a Locri a fare il sostituto, quindi a Reggio dove ha fatto anche l’aggiunto e di nuovo a Catanzaro come procuratore. C’è una circolarità in questo percorso, è tornato dove aveva cominciato eppure aveva la possibilità di andare in qualsiasi altro posto. Ci rimase male quando non ce la fece a diventare procuratore di Reggio, il suo sogno era fare il procuratore nella provincia dove è nato e aveva sempre lavorato, non è riuscito neanche a fare il procuratore nazionale antimafia, per fortuna non è stato bocciato anche stavolta, per quello che probabilmente sarà il suo ultimo mandato».

E poi c’è questa intensa attività di studioso e divulgatore, che svolge in stretta collaborazione con lei e che lo porta a incontrare la gente…

«Ama incontrare la gente, a volte viene criticato anche per questo, ingiustamente, e lui si giustifica dicendo che con le sue vacanze può fare quello che vuole. Non può andare al mare né in montagna, non può certo portarsi dietro la scorta in vacanza. Intanto la gente che partecipa alle presentazioni dei libri è aumentata di numero non solo in Calabria ma anche in Trentino, Liguria, Valle d’Aosta. Non ricordo una presentazione dove non ci fosse gente. Spesso la folla non riesce a entrare nei teatri e questo ci dispiace. Teatri pieni, piazze straripanti di migliaia di persone che lo incoraggiano a non mollare. Negli ultimi anni ricevo decine di mail di gente che dall’Austria, dalla Francia, dalla Spagna mi chiede di potergli parlare e bisogna spiegare a queste persone che devono rivolgersi alle forze dell’ordine e alla magistratura competenti per territorio. La gente lo vede come simbolo di speranza a cui affidare testimonianze. Per chi riceve queste attestazioni è bello, ma per chi deve fare una valutazione è brutto: significa che la politica ha fallito».

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