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ROMA – Il caso dei medici cubani assunti in Calabria arriva in tribunale. È pronto, infatti, il ricorso al Tar del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed contro il decreto del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che prevede l’assunzione a tempo determinato di 497 di camici bianchi provenienti da Cuba. “Il testo sarà depositato nelle prossime ore al Tar”, indica una nota della sigla sindacale che “rileva numerose contraddizioni sostanziali nell’accordo con la società cubana incaricata di individuare i medici disponibili a lavorare in Calabria, che vanno da problematiche ordinistiche, organizzative e linguistiche a spinosi temi di responsabilità professionale; ma anche problemi formali”.

“L’utilizzo della procedura dell’accordo quadro per l’affidamento di prestazioni effettuate da manodopera – spiega Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed – è in generale vietato dalla legge se non attraverso le Agenzie a ciò autorizzate, e in ogni caso è vietato per l’esercizio di funzioni dirigenziali quali quelle che spettano ai medici. Inoltre – aggiunge – la Regione Calabria, prima di adottare una soluzione estemporanea come quella di rivolgersi a Cuba, ha del tutto ignorato la possibilità di assumere i medici specializzandi degli ultimi anni di formazione, come previsto dalla legge”.

Il sindacato inoltre ricorda “quanto emerso in una recente pubblicazione della statunitense Fondazione per i Diritti umani – continua la nota – che fa luce su un vero e proprio traffico di medici cubani nel mondo per confermare il ruolo dell’isola come potenza medica mondiale: secondo il rapporto, in 60 anni oltre 400 mila professionisti sanitari sarebbero stati costretti da Cuba a lavorare all’estero, trattenendo tra il 75% ed il 91% del loro stipendio”.

“Il ricorso ad enti esterni per il reclutamento di medici crea una concorrenza sleale nel mercato del lavoro che va combattuta senza se e senza ma in tutta Italia, e mi auguro che alla lotta intrapresa dalla Federazione Cimo-Fesmed si uniscano presto altre associazioni di settore”, continua Quici. “Se da una parte i medici delle cooperative – aggiunge – vengono pagati anche cinque volte di più rispetto a un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale, attirando sempre più professionisti che preferiscono non partecipare ai concorsi pubblici, ai medici stranieri che vengono in Italia, come nel caso dei colleghi cubani, vengono riconosciute retribuzioni inferiori rispetto alla media. Non vorremmo che, considerata la carenza di risorse, il dumping salariale facesse il suo ingresso anche nel settore medico”.

“L’unico modo per risolvere il problema della carenza di medici è formare nuovi professionisti e bandire concorsi per assumerli stabilmente all’interno del Servizio sanitario nazionale. I concorsi devono essere l’unica porta d’ingresso nel Ssn”, conclude Quici.

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