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Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo

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REGGIO CALABRIA – «Noi abbiamo vissuto una stagione stragista riferibile a un sistema criminale che va oltre le mafie. Arrivare a una verità piena è solo una questione di tempo». È alle battute finali la requisitoria del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nel processo “‘Ndrangheta stragista” che vede alla sbarra i boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone accusati dell’omicidio dei due carabinieri Fava e Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 in un agguato rientrante secondo la Dda nelle cosiddette “stragi continentali”.

Oggi pomeriggio, davanti alla Corte d’Assise, il pm terminerà il suo intervento e il procuratore capo Giovanni Bombardieri formulerà le richieste di condanna per i due imputati. «Oggi – ha sottolineato il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – scriviamo un pezzo di storia processuale che riguarda questo territorio e che riguarda la ‘ndrangheta facendo buon uso dal lavoro svolto dal mio ufficio ma anche soprattutto del lavoro di tanti altri, che hanno svolto e continuano a svolgere in altri ambiti territoriali. La strategia stragista aveva una precisa caratteristica: attaccava consecutivamente una serie di obiettivi simbolici omogenei. C’è stata la stagione degli attacchi ai politici, c’è stata la stagione degli attacchi ai magistrati, c’è stata la stagione degli attacchi al patrimonio artistico. E c’è stata la stagione degli attacchi alle forze dell’ordine e in particolare ai carabinieri, come abbiamo visto».

Stamattina il procuratore aggiunto si è soffermato anche sulla sigla “Falange armata”, utilizzata per rivendicare le stragi dei primi anni novanta. «Falange armata – ha spiegato Lombardo – ha una componente operativa diretta che sono le mafie. Non ha una componente operativa come le altre organizzazioni terroristiche o pseudo tali. Chi utilizzava Falange armata perseguiva finalità ben precise che non erano certo di natura economica. Non c’erano vantaggi ideologici. Nel sistema in cui falange armata si inserisce e opera, l’ideologia non interessa. E quindi la finalità era altamente e squisitamente politica, non intesa in senso ideologico, ma come espressione di una inaccettabile e vomitevole lotta per il potere. Questo è. Non c’è altro perché le mafie sono componenti di questo sistema di potere. Non l’ho ringraziato formalmente Graviano ufficialmente per quello che ci ha detto nel corso dell’esame? – si è domandato il procuratore aggiunto – Mi pare di sì, perché ci ha spiegato che quel momento storico è un momento in cui la sua storia, la storia di Cosa Nostra, la storia della ‘ndrangheta, procede di pari passo con la storia del movimento politico che verrà annunciato il 26 gennaio del 1994: Forza Italia».

In aula il pm ha ricordato le intercettazioni di Graviano in carcere, ed in particolare la frase del boss di Brancaccio che ha definito Silvio Berlusconi «un traditore». «Graviano non ha mai smentito questa frase», ha ricordato Lombardo. «Anzi – ha aggiunto – l’autore è luì, per poi aggiungere “mi ha tradito per una questione di soldi”. «Riconosco a Graviano – conclude il pm – che ha ragione quando dice: “Chi deve pagare insieme a me che sta al di sopra di me?”. Ha ragione. Poi vediamo se la magistratura italiana avrà la forza di andare fino in fondo».

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Fabio Grandinetti

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