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Il responsabile della Protezione civile in Calabria, Carlo Tansi

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Tansi parte della cifre («70% in più di roghi rispetto al 2016») e denuncia: «I punti di appicco sono stati disposti con criterio distruttivo»

COSENZA – L’estate 2017 è stata anomala, e per certi versi inquietante, sul fronte degli incendi, avendo fatto registrare, nel periodo 1 giugno-28 agosto, 7.773 roghi, con un incremento del 70% rispetto a quelli verificatisi nello stesso periodo del 2016, e modalità di innesco che dimostrano, secondo il capo della Protezione civile regionale Carlo Tansi, «una strategia criminale ben organizzata sul territorio sulle cui cause spero faccia luce la magistratura». Secondo un’analisi preliminare della Protezione civile sui dati regionali degli incendi, in particolare in provincia di Cosenza, rilevabili dal Sitge (Sistema integrato territoriale gestione emergenze) della stessa Protezione civile regionale che tiene conto del numero di incendi gestiti dalla sala operativa e per i quali sono stati impiegate forze aeree e di terra per il loro spegnimento, la provincia di Cosenza risulta essere la più colpita in assoluto con 2549 roghi e un incremento dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2016. L’estensione complessiva della superficie delle aree percorse dal fuoco è pari a 413,08 Kmq, pari al 6,2% della superficie dell’intera provincia.

«Si osserva in particolare – è scritto nell’analisi – la situazione del Comune di Rose dove l’estensione delle aree bruciate è di 31,8 Kmq pari al 68% della superficie totale del territorio comunale». Dallo studio emergono anche «le gravi situazioni emergenziali che hanno interessato i Parchi nazionali della Sila e del Pollino dovuti in particolare all’estensione degli incendi che hanno interessato i territori comunali di Longobucco e di Morano».

Ma al di là dell’incremento, «già di per sé significativo, del numero di incendi, ciò che è aumentato molto di più a dismisura – evidenzia Tansi – sono le superfici percorse dagli incendi. Quest’anno in provincia di Cosenza con pochi incendi molto vasti (Rose, Acri, longobucco in Sila; Morano, Mormanno e Papasidero sul Pollino) con superfici bruciate estese tra i 25 e i 40 kmq per incendio sono andati in fumo complessivamente oltre 200 kmq di conifere prevalentemente dei parchi della Sila e del Pollino. Quindi un altro elemento di novità è che è stato preso di mira e violato in modo deciso il patrimonio boschivo dei parchi nazionali calabresi».

Ma Tansi evidenzia anche «un altro inquietante elemento di novità». Vale a dire i punti di appicco «scientemente disposti, lungo le principali strade oppure lungo i valloni, dove il vento si incanala aumentando la velocità di propagazione e quindi il potere distruttivo degli incendi, intorno ai polmoni verdi della regione per bruciare superfici quanto più ampie possibili». «È stata – è l’analisi di Tansi – una lotta impari: non si fa in tempo a spegnere un incendio, dopo giorni di lavoro stremante e ininterrotto, che nella stessa zona ne ripartono altri 3-4-5 contemporaneamente, appositamente orchestrati per mettere in crisi il sistema preposto allo spegnimento degli incendi».

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