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Circa 470 chilometri di coste con bellezze storiche, ambientali, geomorfologiche che determinano in modo significativo l’identità della Campania . Coste al centro di uno dei mari più delicati del pianeta per ragioni ambientali ma anche culturali e commerciali, banco di prova imprescindibile rispetto ai cambiamenti climatici, sui quali pesano le conseguenze di politiche miopi e inefficienze storiche.
Oggi il 50% dei litorali campani escluse le isole, pari a 181 km, è stato trasformato da case e palazzi e la cifra, senza un cambio delle politiche, è destinato a crescere. Mentre il 24,7 % delle spiagge campane è interessato a fenomeni erosivi; 3.110 sono le infrazioni accertate nel corso del 2015 tra reati inerenti al mare e alla costa in Campania, 8,5 al giorno, 6,6 ogni chilometro, ancora in crescita rispetto al 2014. L’habitat marino della nostra regione è costantemente messo alla prova dall’inquinamento, con il 23% degli scarichi cittadini ancora non depurati e ben 81% degli agglomerati a livello regionale condannati o interessati in procedure d’infrazione europea
Questa la foto della Campania offerta dal rapporto Ambiente Italia 2016, a cura di Legambiente e edito da Edizioni Ambiente, che è stato presentato oggi a Roma, con contributi di esperti dedicati alle aree costiere e allo stato di salute dei nostri mari e al Mediterraneo.
Le ragioni della fragilità delle aree costiere campane -commenta Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania- sono dovute a problemi idrogeologici e alle conseguenze di urbanizzazioni, sia legali che abusive, in posti scellerati spesso a rischio dissesto. La stessa erosione costiera, un fenomeno in espansione legato a molteplici cause, che riguardano sia le trasformazioni provocate da porti e interventi sul litorale che la riduzione degli apporti dei sedimenti dalle aree interne attraverso i fiumi per vie di dighe, sbarramenti e cave. Situazioni che sarà sempre più importante monitorare per capire come intervenire in una prospettiva di cambiamenti climatici. Le coste sono uno straordinario patrimonio del nostro Paese – ha concluso Chiavazzo di Legambiente Campania – che dobbiamo liberare dalla pressione di cemento e inquinamento. Il Rapporto Ambiente Italia presenta una fotografia di questi impatti con dati davvero inquietanti e studi che dimostrano come sia possibile invertire questa situazione attraverso un cambio delle politiche. Sicuramente il caso del Grande progetto interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno non va in questa direzione.
Tra le minacce incombenti il fenomeno dell’erosione costiera e del consumo di suolo. In Campania il il 50 % delle coste è stato trasformato dall’urbanizzazione. Legambiente ha realizzato una analisi di dettaglio dei 360 chilometri di costa al netto delle isole: 181 chilometri sono stati trasformati in modo irreversibile, nello specifico 28 chilometri sono occupati da industrie, porti e infrastrutture, 51 km sono stati colonizzati dai centri urbani. Un altro dato preoccupante riguarda la diffusione di insediamenti a bassa densità, con ville e villette, che interessa 102 chilometri, pari al 28% dell’intera linea di costa. E’ davvero preoccupante sottolineare come dal 1988 ad oggi, malgrado fosse in vigore la legge Galasso che avrebbe dovuto tutelare le aree entro i 300 metri dalle coste, sono stati trasformati da case e palazzi ulteriori 220 chilometri di coste, con una media di 8 km all’anno, cioè 25 metri al giorno. Da ammonire la Sicilia, con 65 chilometri, il Lazio con 41 chilometri e la Campania con 29 chilometri:sono queste le tre regioni in cui il fenomeno è più evidente e meritevole di approfondimento, anche perché si presenta in forme piuttosto differenti.Nel caso della Campania, si registrano 29 chilometri di costa di nuova occupazione, cioè il 16% dell’intera urbanizzazione. La costruzione di nuovi complessi turistici edilizi, di case singole in aree libere, e l’espansione di alcuni agglomerati già presenti lungo la costa, hanno dato luogo a un profondo processo di saldatura e di densificazione. In Campania le destinazioni d’uso sono principalmente urbane e in parte infrastrutturali: in numeri, il 76% delle trasformazioni registrate (22 chilometri), è avvenuto per usi prettamente urbani (residenziale, turistico e servizi annessi); il restante 24% (7 chilometri), sono stati interventi infrastrutturali, portuali e industriali. È così che in Italia secondo le stime del Cresme Consulting, anche nel 2014, in piena crisi del settore edile, sono sorti la bellezza di 18.000 abusi, tra immobili di nuova realizzazione o ampliamenti di case preesistenti. Un dato che si traduce in un giro d’affari di oltre un miliardo di euro. Si consideri che, negli ultimi otto anni, l’edilizia ha subito una contrazione del 60%, mentre per il parallelo mercato illegale il calo si è arrestato al 30%. Nel 2014 il tasso delle nuove edificazioni illegali ogni 100 realizzate a norma è cresciuto dal 15,2 al 17,6% rispetto all’anno precedente. Un dato che esplode se si considerano le regioni costiere del Sud: tra il 2012 e il 2014 in Sicilia, Molise, Campania e Calabria la percentuale di immobili abusivi oscilla tra il 45 e il 60% di quelli legali.
In questo contesto “critico” il Rapporto Nazionale di Legambiente dedica un focus al Grande progetto interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno – Pontecagnano, Battipaglia, Eboli, Capaccio, Agropoli POR FESR 2007-13 Regione Campania,traghettato sulla nuova programmazione europea 2014-2020. Tale opera prevede la realizzazione di 42 pennelli a “T”, 3 pennelli semplici e 4 sistemi di protezione a celle costituite da strutture combinate pennelli/barriere soffolte, per un impiego complessivo di circa 1.200.000 tonnellate di massi calcarei. Queste strutture di tipo rigido, poste a poca distanza le une dalle altre, dovrebbero contrastare l’erosione costiera proteggendo i sedimenti sabbiosi. Ma quanto lascia più perplessi è che nel suo insieme questa opera trascura un approccio sistemico per risolvere il problema dell’erosione costiera risalendo alle cause – portata solida dei fiumi, antropizzazione della fascia dunare, scomparsa delle dune costiere nonostante un impiego di spesa pari a 70 milioni di euro, prevedendo in maniera indistinta l’artificializzazione di 37 chilometri di litorale. “Le attuali politiche di gestione delle aree costiere europee e di altre regioni italiane (a partire per esempio dallo studio Eurosion 2002-2004) – denuncia Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania-sconsigliano l’utilizzo di simili strutture di protezione di tipo rigido sia per il loro rilevante impatto ambientale, sia per la inefficacia dimostrata laddove sono stati realizzati in passato (litorale romagnolo, Chieti e Pescara, Paola ecc.), oltre che per gli elevati costi di manutenzione. Inoltre il Grande progetto disattende gli indirizzi europei in materia di salvaguardia degli ambienti naturali e di tutela dell’esistente (direttiva Habitat), laddove il litorale del Golfo di Salerno è anche zona di ovo-deposizione delle tartarughe marine ed è parte della riserva naturale foce Sele Tanagro Monti Eremita Marzano”.
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