4 minuti per la lettura
CATANZARO – Pubblicato da Legambiente il rapporto 2016 Mare Monstrum sulla situazione delle coste italiane e il quadro che ne esce, come del resto anche in passato, non è certo tra i migliori per quanto riguarda la Calabria. Nella classifica regionale del mare illegale, infatti, la Calabria resta stazionaria al quarto posto con un totale di 1.838 infrazioni accertate pari al 10% del totale nazionale, le infrazioni hanno portato quasi ad una media da 1 arresto o denuncia per ogni infrazione visto che in totale ci sono state 1.830 persone tra denunce e arresti. I sequestri, invece, sono stati in tutto 607. Davanti alla Calabria ci sono solo il Lazio (in salita con 1.920 infrazioni, la Sicilia con 3.021, e la Campania con 3.110 (LEGGI LA SITUAZIONE DELLA CAMPANIA)).
La situazione migliora, però, se le infrazioni vengono rapportate ai chilometri di costa. La Calabria, infatti, è la terza regione d’Italia per estensione costiera con i suoi 715,7 chilometri di costa. Data la notevole estensione il rapporto di infrazioni per chilometro è molto più basso di altre regioni posizionando la Punta dello Stivale al 9 posto complessivo e una media di 2,6 infrazioni a chilometri, un dato molto lontano dai 6,6 della Campania o dai 6 del Molise. Ma anche il Veneto si fa notare molto più della Calabria con le sue 5,1 infrazioni per chilometri di costa. Dimostrando così che l’illegalità non è esclusiva del Sud ma piuttosto un comportamento diffuso in tutta la nazione.
La cementificazione
Se il dato si sposta sulla condizione della costa sotto il profilo della cementificazione allora la Calabria torna ad occupare le vette negative della classifica. In totale, infatti, in calabria sono state accertate 593 infrazioni pari al 13,2% del totale, seconda solo alla Campania che ne ha registrate 886 (19,8% del totale).Per quanto riguarda le persone denunciate o arrestate la Calabria fa registrare 560 casi cui si aggiungono 186 sequestri. Gran parte dei reati di cementificazione è legata alla realizzazione di case, stabilimenti turistici, hotel, villaggi vacanza e altre infrastrutture private sul demanio marittimo o in aree vincolate lungo la costa.
Il caso Capo Colonna
Tra i cinque casi individuati al top dell’abusivismo edilizio costiero, Legambiente inserisce anche una località calabrese ossia l’area del parco archeologico di Capo Colonna, a Crotone, dove ci sono 35 costruzioni abusive. Legambiente chiarisce che si tratta di case sotto sequestro dalla metà degli anni novanta che sopravvivono indisturbate alle ruspe e la loro presenza, oltre a impedire l’estensione del parco a tutto il sito archeologico, testimonia l’inerzia della pubblica amministrazione che, nonostante la confisca definitiva, non si decide a buttarle giù.
LA RICOSTRUZIONE DI LEGAMBIENTE – «Già nel 2009 la Goletta verde di Legambiente ha consegnato al sindaco la Bandiera nera, il vessillo che ogni anno assegna ai “pirati del mare”, coloro che a vario titolo si rendono colpevoli o complici di gravi vicende di illegalità ai danni delle coste e del mare. Neanche questo è servito a riportare giustizia in quell’angolo di Calabria: uno dei peggiori sfregi al paesaggio, alla storia e alla cultura italiana è ancora lì. Una vicenda giudiziaria che inizia nel 1995, quando il pretore dispose il sequestro di centinaia di metri cubi in cemento armato sorti su una delle aree archeologiche più vaste d’Europa nel silenzio degli amministratori locali. Nel febbraio del 2004 la prima sentenza nei confronti di 35 proprietari: assoluzione per prescrizione del reato, ma confisca 12 degli immobili. Quelle case, dunque, sono e restano abusive. Il lungo iter giudiziario si è concluso, ma la vergogna di cemento, fatta di villette, condomini, scalinate a mare e cortili resta intatta. Il problema, secondo il Comune, starebbe nel fatto che le case sono abitate e l’intervento delle ruspe creerebbe problemi di ordine pubblico. Un alibi che suscita non poche perplessità. Soprattutto se si considera che ad aprile del 2012 lo stesso sindaco che teme i disordini nella zona archeologica, dopo 14 anni dalla confisca, ha fatto sgomberare coattivamente una palazzina – sempre a Capo Colonna – di proprietà di una famiglia della ‘ndrangheta. Un intervento riuscito impiegando uno squadrone composto da carabinieri, polizia, vigili urbani e vigili del fuoco. Dopo aver fatto uscire gli occupanti, ha addirittura provveduto alla rimozione di mobili e suppellettili con una ditta di traslochi e fatto staccare elettricità e acqua dalle aziende fornitrici. Non è certo mancata la resistenza delle famiglie, ma in poche ore tutto si è risolto come deciso. Un miracolo? Un colpo di fortuna? Ci piacerebbe che il primo cittadino tentasse la sorte anche con lo sgombero delle vergognose ville nel Parco archeologico».
L’inquinamento del mare
Anche nel settore dell’inquinamento la Calabria non migliora la propria situazione. Si mantiene, infatti, al secondo posto della classifica del mare più inquinato dietro soltanto, ancora una volta, alla Campania. Legambiente ha messo in luce 487 infrazioni pari al 10,7% del totale con 505 persone denunciate o arrestate e 141 sequestri.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA