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Una società con sede legale in Lombardia aveva in organico dipendenti calabresi che però non avevano mai lavorato pur percependo i contributi

MILANO – Finte assunzioni per truffare l’Inps. E’ questa l’ultima indagine della Guardia di finanza di Treviglio che ha permesso di denunciare 20 persone e sequestrare beni per circa 130 mila euro.

L’operazione, ribattezzata “Ghost workers”, ha consentito di individuare una società, con sede legale a Treviglio che pur avendo avuto alle dipendenze numerosi lavoratori, tutti residenti in Calabria, non ha mai operato in alcun cantiere, né ha mai disposto di conti correnti, automezzi e attrezzature varie, né è risultata intestataria di alcuna utenza.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore di Bergamo Fabrizio Gaverini, hanno permesso di constatare che il gruppo, mediante comunicazioni inviate all’Inps, aveva prima proceduto ad assunzioni fittizie e poi, trascorso il periodo minimo di impiego necessario ad avanzare richiesta di indennità di disoccupazione, a licenziare gli operai. «Questi ultimi, complici dei loro “datori di lavoro”, venivano, quindi, messi nelle condizioni di poter presentare istanza per ottenere l’indennità erogata dall’ente previdenziale», spiegano gli investigatori.

Le indagini, svolte in collaborazione con personale ispettivo dell’Inps di Bergamo, hanno consentito di individuare 20 false assunzioni, che hanno portato alla denuncia di altrettanti persone per l’ipotesi di reato di truffa ai danni dello Stato «per il conseguimento di erogazioni pubbliche», accusa formulata anche per il legale rappresentante della società e il fratello, entrambi della provincia di Reggio Calabria, ritenuti responsabili anche di utilizzo ed emissione di fatture false.

Il gip Bergamo Raffaella Mascarino ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle disponibilità finanziarie e dei beni mobili e immobili in capo agli indagati, «fino a concorrenza dell’importo complessivo indebitamente sottratto all’erario», pari a circa 130 mila euro. Infine, è stato interessato l’ente previdenziale per il recupero delle somme indebitamente erogate a favore degli indagati. 

L’ipotesi di reato è quella di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ascritta anche in capo al legale rappresentante della società ed al fratello, entrambi della provincia di Reggio Calabria, resisi responsabili pure di utilizzo ed emissione di fatture false.

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