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Associazioni di categoria sul piede di guerra a causa dell’importazione di olio di oliva a dazio zero che rischia di condizionare il mercato

di GIULIA VELTRI

L’UNIONE europea, in questo momento, è uno dei principali nemici degli olivicoltori calabresi. Prima la nuova normativa sull’imbottigliamento dell’olio extravergine – particolarmente penalizzante per i produttori regionali – ora la tegola è rappresentata dal via libera da parte della Commissione europea all’importazione di olio tunisino a dazio zero. Una novità letta dagli olivicoltori calabrese come uno sgambetto, una vera e propria concorrenza sleale “legalizzata” alle produzioni locali e che avrà come primo e nefasto effetto quello di creare un danno economico milionario in Calabria, seconda regione produttrice dopo la Puglia.

Nei fatti, a breve entrerà nel mercato italiano una quantità smisurata di produzione tunisina, di norma molto più conveniente rispetto a quella calabrese: basti pensare che in media l’olio africano costa meno di due euro al litro contro circa i quattro di quello calabrese. La risposta che gli olivicoltori si aspettano è che le commesse diminuiranno vertiginosamente, nonostante l’olio locale sia di gran lunga migliore in termini di qualità. C’è da dire, infatti, che in Calabria sono oltre 21 le varietà di olive che hanno consentito il riconoscimento delle dop Bruzio, Lamezia e Alto Crotonese e a oggi sono oltre 50 le filiere certificate in Calabria.

L’infelice passo della Commissione europea, inoltre, stride con la ripresa che il comparto agricolo sta registrando in Calabria, con 754 frantoi attivi e diversi centri di imbottigliamento e oltre 137.000 aziende olivicole. Una ripresa affatto scontata, visto l’andamento dell’annata precedente, considerata la peggiore in assoluto a causa di una serie di eventi negativi – dalle cattive condizioni climatiche alla diffusione di una mosca killer – che avevano messo in ginocchio il sistema e provocato circa il 40% in meno di produzione (da una produzione media di 2 milioni 600mila quintali si è scesi a circa un milione e 400mila quintali).

La produzione stimata per la campagna 2015/2016, invece, è di 2 milioni 500mila tonnellate di olio: è facile capire quale danno si consumerebbe sulle tasche degli agricoltor calabresi se buona parte del quantitativo prodotto non venisse piazzato sul mercato a causa dell’arrivo dell’olio tunisino.

Ecco perché scendono subito in campo le associazioni di categoria: «Il nuovo contingente agevolato – spiega la Coldiretti – va tra l’altro ad aggiungersi alle attuali 56.700 tonnellate a dazio zero già previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia, portando il totale degli arrivi “agevolati” oltre quota 90mila tonnellate. E’ una situazione paradossale – prosegue il presidente Pietro Molinaro – abbiamo primati invidiabili sia nelle denominazioni di origine protetta sia nella varietà di olive che garantiscono i primi posti anche dal punto di vista occupazionale e l’immissione di tutto questo olio, genererà inevitabilmente un notevole danno al nostro olio. Ancora una volta in Europa il settore agricolo diventa merce di scambio senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale ed ambientale sui nostri territori». Il rischio concreto, inoltre, è il moltiplicarsi di frodi, con gli oli di oliva importati che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri, a danno dei produttori locali.

Tutto è perduto? Non ancora. «Diventa ancora più urgente – spiega Molinaro – arrivare all’attuazione completa delle norme già varate con la legge salva olio la n. 9 del 2013, dai controlli per la valutazione organolettica ai regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata. La parola definitiva sul dossier olio tunisino passa alla Assemblea plenaria dell’Europarlamento che dovrà esprimere il proprio parere definitivo sulla proposta della Commissione Europea e per questo occorre una forte presa di posizione della nostra Regione unitamente alle altre Regioni del Sud in sede di conferenza Stato – Regioni affinchè ci possa essere un pressing forte sull’Ue attraverso i parlamentari europei».

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