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COSENZA – Nessun indizio utile è affiorato dai computer sequestrati a un sacerdote cosentino accusato di molestie sessuali ai danni di un ragazzino di dodici anni (LEGGI LA NOTIZIA QUI e QUI). Nessun file scabroso, né tantomeno materiale pedopornografico. Nel frattempo, emergono nuovi dettagli sull’inchiesta, in particolare sulla denuncia che, alcuni mesi fa, ha dato il via all’inchiesta.
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A quanto pare, infatti, un ruolo decisivo nel coinvolgimento degli inquirenti, sarebbe stato rivestito dalle suore della casa famiglia in cui vive il ragazzino, presunta parte offesa della vicenda. Sono queste le due novità filtrate dagli ambienti investigativi e relative all’indagine sul conto di un prete di 50 anni, fino a poco tempo fa insegnante di religione in una scuola media del centro città. E proprio in un’aula dell’istituto, lo scorso ottobre, si sarebbe verificato l’episodio incriminato, ovvero la molestia – consistita in una carezza nelle parti intime – che il giovane sostiene di aver ricevuto dal suo professore.
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Una brutta storia, insomma, ancora lontana da una verità giudiziaria, ma che non ha mancato di sortire già contro effetti negativi nei suoi protagonisti. Non a caso, alcune settimane addietro, a seguito della risonanza mediatica della faccenda, il sacerdote ha deciso di licenziarsi, rinunciando così al suo posto di lavoro. Una scelta condizionata anche dal pronunciamento di alcuni genitori che avevano minacciato di ritirare i propri figli dalla scuola. Brutta storia sì, resa tale ora da nuovi elementi di dubbio che riguardano il pc dell’indagato. L’utensile era stato sequestrato lo scorso novembre e, proprio quell’avvenimento, aveva fatto reso pubblica l’esistenza di un presunto scandalo sessuale maturato all’interno della Chiesa bruzia. A quanto sembra, però, gli accertamenti hanno dato tutti esito negativo: i computer del prete sarebbero puliti.
Al momento, dunque, l’unico indizio sarebbe rappresentato dal racconto del ragazzo che sostiene di aver ricevuto quelle attenzioni scabrose durante una pausa delle lezioni. Il suo docente, quel giorno, lo avrebbe attirato nell’aula di ricevimento dei professori dove, in quel momento, erano presenti altri colleghi del sacerdote. Una volta usciti dalla stanza, però, il prelato si sarebbe prodotto in quella carezza “hot” che, in seguito, gli ha fatto piovere addosso l’accusa di violenza sessuale. E qui, dicevamo, entrano in gioco le suore.
A quanto pare, infatti, il ragazzino aveva confidato l’accaduto a un assistente sociale e ai suoi più prossimi congiunti, ma nessuno di loro era convinto dell’opportunità di portare il caso all’attenzione della Procura. Semplice pudore o consapevolezza dell’esiguità delle accuse? Non è chiaro, ma a dirimere ogni dubbio, di lì a poco, ci avrebbero pensato alcune monache della Casa famiglia che ospita il minore. Sarebbero state loro, infatti, a spingere per denunciare il tutto, innescando così l’inchiesta della magistratura. Ancora una volta, dunque, la Curia cosentina si trova a dover fare i conti con uno scontro interno tra “sorelle” e “fratelli”.
Era accaduto già nel 2006 con Padre Fedele Bisceglia e, oggi, sembra di assistere a un replay di quella vicenda, almeno nei presupposti di partenza. Nel frattempo, ulteriori novità sull’inchiesta emergeranno a metà febbraio, in occasione dell’incidente probatorio fissato dal giudice delle indagini preliminari, durante il quale il minorenne sarà chiamato a riproporre la propria versione dei fatti.
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