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VIBO VALENTIA – La Corte d’Assise d’appello di Torino presieduta dal giudice Fabrizio Pasi, ha confermato l’ergastolo per Francesco Furchì, che già in primo grado era stato condannato al carcere a vita (LEGGI LA NOTIZIA) per l’omicidio del consigliere comunale di Torino Alberto Musy, morto il 23 ottobre del 2013 dopo 19 mesi di coma. Il verdetto è stato pronunciato dopo una camera di consiglio iniziata questa mattina, dopo che ieri sera si era chiusa la fase della discussione con gli interventi dell’avvocato Giancarlo Pittelli (legale dell’imputato unitamente al collega Gaetano Pecorella) e le repliche del Procuratore Generale Marcello Maddalena (che subito dopo il verdetto ha affermato che la Corte ha riconosciuto la validità del lavoro svolto dalla Procura) e del patrono di parte civile Giampaolo Zancan. «Sono innocente e basta», ha affermato invece Furchì, originario di Santa Domenica di Ricadi, nel Vibonese, dopo la lettura del dispositivo.
Deluse, dunque, le sue speranze della vigilia: «Mi auguro – aveva detto – nella vostra coscienza da uomini, da persone, e che valutiate se ci siano gli elementi per condannarmi. Fatelo solo se ci sono questi elementi. Ringrazio tutti comunque e dico solo che non sono io che ho ucciso Musy» la mattina del 12 marzo del 2012 nell’androne del palazzo in cui viveva, sito in via Barbaroux, nella città sabauda. Nella sua requisitoria, il pg Maddalena aveva chiesto la conferma dell’ergastolo per l’imputato: «La sua colpevolezza – aveva detto il magistrato – è indiscutibile. E contro di lui ci sono dei macigni». Scintille in aula alla fine dell’arringa di Pittelli quando questi aveva detto che «Musy non avrebbe mai approvato che, in nome suo, si operasse la distruzione di un’altra vita umana». Una frase definita «ignobile» da Giampaolo Zancan, avvocato della famiglia della vittima, per cui «non c’è nulla di peggio, in casi come questi, che utilizzare il morto per cercare di salvare il suo assassino. Purtroppo i morti non parlano e oggi l’avvocato Musy è stato ucciso una seconda volta». Sempre Pittelli aveva affermato come la ricostruzione del pg non fosse «un macigno ma un macigno di cartapesta. L’unico elemento provato della vicenda – ha aggiunto – è che quella mattina Furchì era nella zona di via Garibaldi in tempo compatibile per consumare l’agguato. Ma non avete in mano nient’altro».
Francesco Furchì, che si è sempre proclamato innocente affermando di non essere lui la persona con il volto travisato che sparò a Musy, era presidente dell’associazione Magna Graecia Millenium che opera “nel campo della cultura, della solidarietà, della diffusione dei valori della calabresità in terra di Piemonte”. Era anche nella lista “Alleanza per la città’’ che sosteneva la candidatura a sindaco di Musy, espressione a sua volta dell’Udc, nelle ultime elezioni comunali nel maggio del 2011. Gli inquirenti sono convinti che covasse odio e rancore nei confronti della vittima per motivi politici e di affari: Musy era contrario ad avere l’imputato a capo di una lista autonoma collegata alla sua e non l’avrebbe neppure aiutato a trovare investitori in vista di una scalata ad Arenaways (società ferroviaria). Inoltre, non sarebbe stato favorevole alla nomina di un amico di Furchì a professore dell’Università di Palermo, in un concorso per cui lo stesso Musy era commissario.
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