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ROMA – La Calabria è la seconda regione d’Italia per atti intimidatori nei confronti di amministratori pubblici e quella di Cosenza è addirittura la terza provincia d’Italia. Sono i dati resi noti da Avviso Pubblico che ha pubblicato il suo rapporto “Amministratori sotto tiro”, relativo all’anno 2014, su intimidazioni e le minacce a cui sono soggetti donne e uomini che ricoprono un incarico pubblico su mandato dei cittadini. 

In Italia, in totale, gli atti di intimidazione e di minaccia sono stati 361 per l’anno 2014, il 3% in più rispetto al 2013. Una media di 30 intimidazioni al mese, praticamente una ogni 24 ore, che colpisce innanzitutto i primi cittadini, anche delle grandi città. 

L’area del Paese dove gli amministratori locali e il persona della pubblica amministrazione sono maggiormente esposti alle minacce è il Sud d’Italia, con il 64% dei casi. Segue il Nord Italia con il 14% dei casi e il Centro Italia con il 12%. A livello regionale, il triste primato 2014 spetta alla Sicilia: 70 casi, pari al 20% del totale, seguita da Puglia, Campania e, come detto, Calabria.

A livello provinciale, il primato degli amministratori sotto tiro spetta a Napoli (29 casi), seguita da Palermo (28 casi), Cosenza e Roma (19 casi), per concludere con Foggia (15 casi).

Sono i sindaci, nel 47% dei casi, seguiti dagli assessori (25%) e dai consiglieri (19%) – in particolare, i capigruppo di forze politiche – per finire con i vice sindaci (5%) e i presidenti e vice presidenti dei consigli comunali, i più bersagliati dalle minacce della criminalità.

Nella maggior parte dei casi il rapporto di Avviso Pubblico sottolinea come siano rimasti ignoti i soggetti che hanno messo in atto gesti di intimidazione e minaccia verso amministratori locali.

Un altro dato è la ripetitività degli atti di intimidazione e di minaccia. Quando le autorità competenti sono riuscite a rintracciare dei responsabili, si è trattato per lo più di persone che vivevano condizioni di vita particolari, ad esempio, di disoccupati o persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi, persone che chiedono sussidi pubblici, tossicodipendenti, persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio, pregiudicati, sorvegliati speciali, soggetti che nutrono un sentimento di odio verso migranti o nomadi.

A minacciare, in certi casi, sono stati anche dipendenti pubblici – o di imprese che avevano appalti con i Comuni – nei confronti dei quali si stavano per prendere, o sono stati presi, dei provvedimenti disciplinari.

Minoritarie sono risultate le situazioni in cui è stato accertato, o è possibile ipotizzare, l’intervento di personaggi legati al mondo mafioso.

La principale forma di intimidazione e di minaccia a cui si è ricorso contro gli amministratori locali e il personale della PA è stato l’incendio – 31% dei casi – così come nel 2013. Un’altra modalità a cui si è ricorso per minacciare e intimidire amministratori locali e personale della PA è quella che delle “minacce scritte”. In questa categoria, rientrano le lettere contenenti minacce, anche di morte (46% dei casi); lettere che, insieme ad uno scritto, contengono anche dei proiettili. Sono poi quadruplicati i casi di aggressione fisica (12%), che si sono tradotti in agguati compiuti soprattutto da parte di singole persone che hanno dato schiaffi, tirato pugni, bastonate e spintoni agli amministratori locali, non solo in luoghi pubblici ma anche all’interno degli uffici comunali. Sono raddoppiati i casi in cui si è fatto ricorso ad armi e ordigni (8% dei casi).

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