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REGGIO CALABRIA – L’ultimo passaggio sulla vita terrena è una questione d’onore. Soprattutto per chi vive e respira ‘ndrangheta. Soprattutto per i boss che non possono accettare un funerale, che sia il loro o quello di un congiunto, poco partecipato. L’ostentazione della potenza criminale è sempre perseguita dalle cosche e dai propri accoliti dalla nascita, ai matrimoni sino all’estremo saluto. Più gente partecipa a lutto del caro estinto e più chiaro è il messaggio che viene rimandato alla popolazione del feudo criminale di appartenenza.
E’ quanto racconta Giovanni Verduci ai lettori del Quotidiano del Sud in edicola oggi.
L’eventualità che un funerale non venga partecipato non viene tenuta in considerazione. Se un caso simile si avverasse sarebbe una vera disgrazia. Questo i boss ed i loro luogotenenti lo sanno e fanno di tutto affinché non si avveri. Sono pronti anche a pagare la gente per farla prendere posto ordinatamente dentro la fila per le condoglianze. Padrini e picciotti sono pronti ad aprire una sorta di casting forzato ma retribuito per riempire di comparse le chiese della Locride e, così facendo, da una parte non far sfigurare il parente lungo il suo viaggio verso il camposanto e una nuova vita e dall’altra non rischiare di far sminuire il “peso” della famiglia. La comparsata aveva un costo prestabilito. Per tutti coloro che avessero deciso di parteciparvi, infatti, la cosca era pronta a investire 10 euro come “pensiero” per la presenza.
Questo spaccato particolare delle regole di ‘ndrangheta emerge dalle carte dell’inchiesta “Acero Krupy” che, nelle scorse settimane, è sfociata nel blitz ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria contro le cosche più potenti ed organizzate sull’asse Locri-Siderno-Marina di Gioiosa Jonica.
“Per evitare che la cerimonia funebre venisse boicottata – si legge nelle carte dell’inchiesta Acero Krupy – veniva interessato Nicola Tassone per costringere la gente a partecipare al funerale. Le modalità con le quali Tassone giungeva all’obiettivo, erano classiche di chi rappresenta un gruppo mafioso. Infatti incontrando risposte di primo diniego, Tassone Nicola chiedeva al suo interlocutore di prendere tutti i ragazzi sul lungomare e farli partecipare al funerale a costo di ricorrere alle maniere forti quale ritorsione (esortava a convincere gli indecisi con la minaccia di colpirli con un bastone)”. E se la minaccia dell’uso della forza non fosse stata convincente allora si sarebbe fatto ricorso anche alla mancia per la comparsata al funerale.
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