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CATANZARO – «Non risultano legami» tra Marcello Dell’Utri e Vincenzo Speziali mentre le intercettazioni nei confronti di Speziali e della moglie vanno considerate «prive di effetti giuridici» perché eseguite in violazione della legge libanese.
Sono queste, a quanto apprende l’Adnkronos, le conclusioni a cui è giunta la Cassazione libanese sul caso concernente l’imprenditore calabrese, che, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in Italia in relazione all’inchiesta Dell’Utri-Matacena, risiede a Beirut dal 2010 in virtù di un permesso di soggiorno permanente.
L’ORDINANZA DI CUSTODIA PER SPEZIALI
In particolare, le conclusioni della Suprema corte sono formalizzate in un attestato-ordinanza emesso il 18 settembre scorso dalla Procura Generale di Cassazione sulla base del rinvio del procuratore generale della Corte di Cassazione, Samir Hammoud, e rilasciato all’imprenditore.
L’attestato-ordinanza, con lettere di accompagnamento asseverate dal Governo Libanese, è stato fatto pervenire dal legale di Speziali, George Haddad Ragheb, tramite i ministeri italiani della Giustizia e degli Affari Esteri, al procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, Pasquale Maria Ciccolo, al procuratore della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti, al procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, e ad altri soggetti, compresi quelli titolari delle indagini.
Il documento, sottolinea Speziali tramite il suo avvocato nelle lettere, «indica chiaramente, sulla base delle indagini svolte con Marcello Dell’Utri», nel corso del suo arresto, da parte del Reparto Informazioni e della Procura Generale di Cassazione, «l’assenza di qualsiasi rapporto» tra quest’ultimo e Speziali e «l’inesistenza di eventuali comunicazioni telefoniche tra loro», e dimostra «l’invalidità e la mancanza di prove» relativamente al fatto che l’imprenditore «avrebbe accompagnato Dell’Utri durante i suoi precedenti viaggi in Libano».
Di conseguenza, osserva l’avvocato, «il reato di costituzione di un’associazione per delinquere» attribuito a Speziali diventa «falso e infondato», e «di conseguenza richiede all’autorità giudiziaria italiana competente di decidere di fermare gli inseguimenti nei suoi confronti a questo proposito».
Inoltre, spiega ancora il legale, poiché la legge libanese numero 140 del 27/10/1999 vieta qualsiasi tipo di intercettazione, se non con una decisione del primo giudice istruttore competente per reati punibili con almeno un anno di detenzione, la Cassazione libanese considera gli atti di intercettazione sulle linee telefoniche di Speziali e della moglie effettuati per ordine del pm italiani senza l’autorizzazione della competente autorità giudiziaria libanese «infondati e senza effetti giuridici».
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