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CATANZARO – Il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Calabria per quanto riguarda i concorsi riservati solo ai dipendenti interni. Con sentenza depositata lo scorso 7 settembre, i giudici amministrativi hanno condannato l’ente al pagamento di 8.000 euro stabilendo anche l’annullamento dei decreti dirigenziali del 26 giugno e dell’8 luglio 2003, di indizione delle selezioni verticali alle categorie D1 e D3 per il personale dipendente della Regione, nonché delle delibere della Giunta regionale 198 del 6 marzo 2001, 651 del 24 luglio 2001 e 737 del 6 agosto 2002, concernenti la dotazione organica degli uffici regionali.

La decisione della magistratura amministrativa rischia di trasformarsi in un vero terremoto per la burocrazia regionale. Stando alla sentenza, infatti, i dipendenti che usufruirono di quella progressione di carriera dovrebbero rientrare nelle categorie di partenza. Il numero delle persone coinvolte è notevole: 799 per la categoria D1 e 186 per la D3.

A sollevare il caso è stato il ricorso presentato da un laureato in Ingegneria civile che si era rivolto al Tar calabrese poiché i «provvedimenti impugnati gli precludevano la possibilità di partecipare ai concorsi per la copertura dei posti vacanti, illegittimamente tutti riservati al personale già dipendente dell’ente».

I giudici di Catanzaro avevano rigettato il ricorso. Da qui l’appello al Consiglio di Stato. Secondo quanto si legge nella sentenza, la Regione Calabria si sarebbe sottratta «al principio del pubblico concorso, senza alcuna motivazione delle ragioni di tale deroga in violazione del principio di imparzialità e buon andamento (ex art. 97 della Costituzione), creando altresì una ingiustificata posizione di privilegio per il personale già dipendente (in violazione dell’articolo 97) ed impedendo così altrettanto ingiustificatamente di concorrere per l’accesso nella pubblica amministrazione».

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