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CANOLO (REGGIO CALABRIA) – Ha fatto ciò che una persona perbene deve fare quando subisce la sopraffazione della ‘ndrangheta. Ha denunciato allo Stato, più volte. Ma non è riuscito a fermarli. Poi per eliminare definitivamente il ribelle il tribunale della ‘ndrangheta ha emesso la sentenza: a morte l’infame. Ucciso perché non si era piegato alla legge della ‘ndrangheta delle montagne, non aveva dato il via libera sui suoi terreni ai pascoli abusivi degli animali dei boss.
Era l’otto settembre del 2005: in località Bruverello, al confine tra i comuni di Gerace e Canolo, tra le 12 e le 13 entra in azione il commando di morte. Dopo dieci anni non ci sono colpevoli per il delitto dell’oculista Fortunato Larosa. Aveva 64 anni ed era sposato con Viviana Balletta, medico ortopedico, ed era padre di due figli. Come hanno più volte sottolineato gli stessi investigatori, Larosa era un uomo di specchiata rettitudine e noto, così come anche i propri familiari, per la propria assoluta intransigenza nei confronti di ogni forma di sopruso. Dal 1999 aveva smesso l’attività professionale, per dedicarsi alla passione per l’agricoltura, che esercitava in alcuni possedimenti di famiglia situati nella zona tra i comuni di Canolo e Gerace, fino a quel momento rimasti in stato di semiabbandono, in preda ad alcuni occupanti abusivi ed a capi di bestiame al pascolo brado. E forse proprio la sua incorruttibilità è stata alla base dei dissapori nati con alcuni esponenti della criminalità locale che non vedevano di buon occhio la condizione di uomo libero e non sottomesso del professionista.
Durante le attività investigative si era anche arrivati ad apprendere che nei tempi antecedenti al delitto il medico si era lamentato di alcune invasioni da parte di bovini al pascolo all’interno delle sue proprietà, con conseguente danneggiamento delle colture di grano presenti, tanto da esser costretto a sporgere denuncia per pascolo abusivo presso la stazione dei carabinieri di Agnana. Il caso stava per essere archiviato quando nel marzo scorso la Dda di Reggio Calabria ha ordinato l’esecuzione di due arresti, quello di Giuseppe Raso e Domenico Filippone, entrambi di Canolo ed entrambi considerati uomini di ‘ndrangheta. Dopo quindici giorni il Tribunale della Libertà ha annullato le ordinanze di custodia cautelare per «mancanza di gravità indiziaria», come sottolinearono i difensori di Raso e Filippone. Tutto da rifare, quindi. Dopo dieci anni non ci sono responsabili. Nella giornata di oggi nessuno ricorderà Fortunato Larosa. Senza troppi giri di parole: dimenticato. Ma c’è chi non si arrende: la moglie Viviana Balletta che continua a condurre la sua battaglia nel doloroso silenzio ma con grande dignità, senza sceneggiate pubbliche. Oggi, dopo dieci anni, hanno ucciso per la seconda volta Fortunato Larosa, una vera vittima di mafia.
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