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Riproponiamo questa intervista al regista Giuseppe Petitto, morto oggi a 46 anni in un incidente stradale, che rilasciò al Quotidiano il 2 maggio 2013
CATANZARO – Ha lavorato a diretto contatto con miti di Hollywood, da Arthur Penn a Martin Scorsese. Giuseppe Petitto, nato e cresciuto a Catanzaro, è stato anche il regista, insieme a Fausto Brizzi, della campagna elettorale di Matteo Renzi alle primarie del Pd. A 43 anni ha girato il mondo, ha lavorato in America, Gran Bretagna ed Estremo Oriente
La Catanzaro vissuta da Giuseppe Petitto: ci racconta della sua infanzia, dov’è cresciuto, quali i suoi luoghi del cuore?
«Sono cresciuto in via De Filippis, il quartiere satellite, collegato alle aree più centrali della città solo dal ponte sulla Fiumarella. Una zona molto verde all’epoca della mia infanzia in cui, assieme a decine di altri ragazzini di periferia, ho avuto la fortuna di calcare improvvisati campetti di calcio, scorazzare nella campagna incolta, godere di amicizie profondamente semplici e sincere. Proprio quel ponte, che percorrevo a piedi almeno due volte al giorno e che mi strizzava l’occhio ogni volta che aprivo la finestra della mia stanza al mattino, è il luogo che più amo della città. È stato per me un guardiano fedele e, contemporaneamente, uno sprone ad accettare ogni sfida».
Dove e come si divertivano i ragazzi della sua generazione?
«Molto sport, anzi direi molti sport. Eravamo in grado di mettere su in pochi minuti un campo da tennis nel cortile della parrocchia, un campo da pallavolo su uno spiazzo sterrato, un campo da calcio nel grande parcheggio del palazzo della Giunta Regionale. A quel tempo iniziavano a diffondersi i primi computer, presto diventarono l’unica alternativa alla pratica sportiva nei pomeriggi piovosi. Si trattava di un’alternativa molto divertente, ce ne accorgemmo presto».
Gli anni del liceo: ci racconta qualche aneddoto, curiosità su altri compagni di scuola, sui sabati sera?
«Ho frequentato il liceo Siciliani, in una classe che ho amato. Ma non ho mai condiviso molto con i miei compagni di scuola, al di fuori delle lezioni e di tutto ciò che ruotava attorno a esso. C’era in quegli anni la tendenza a stazionare di sera ai giardini di San Leonardo, un luogo che trovavo noioso. Mi intrigavano invece i racconti degli adulti di allora, che ricordavano le serate nei bei caffé del centro e l’atmosfera conviviale nella zona di corso Mazzini, di cui la mia generazione non ha potuto godere. A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, per qualche motivo, il centro storico era stato abbandonato. La cosa mi disturbava molto. I sagrati delle chiese, le facciate dei palazzi, le piazze trasmettevano un calore che nessuno sembrava voler recepire. Ad eccezione di chi aveva vissuto quei luoghi qualche anno prima».
Le estati di Catanzaro: al mare – tra Caminia, Copanello e Soverato – oppure in Sila?
«In principio trascorrevamo il mese di luglio al mare e agosto in montagna. Tanti anni a Caminia, poi sulla spiaggia di Simeri, dove ancora oggi di tanto in tanto mi riporta la passione per il windsurf. I boschi erano invece quelli di Decollatura, più vicini all’immaginario dei fratelli Grimm. Li preferivo alle atmosfere silane che, da bambino, legavo alle fiabe di Andersen, che consideravo meno intriganti. È curioso, però, che il film che sto per realizzare a Bolzano, una co-produzione italo-svizzero-austriaca con il supporto di Rai Cinema e del Ministero per i Beni Culturali, fosse stato inizialmente concepito per essere realizzato in Sila. L’Alto Adige non è così lontano, tutto sommato».
Catanzaro, i suoi odori e i suoi sapori: la domenica mattina, il cenone di Natale e Capodanno. Chi meglio di lei. Quale il suo viaggio enogastronomico? E, soprattutto, lei è un amante del morzello?
«Non sono un amante della buona tavola, lo ammetto. Mi nutrirei solo di concentrati in pasticche o bustine liofilizzate. È un problema che, prima o poi, mi toccherà risolvere. Quanto al morzello, l’ho assaggiato per la prima volta a venticinque anni. Niente male, ma non vado a cercarlo quando torno a Catanzaro».
La Catanzaro del pallone: l’ha vissuta, la vive ancora? Ha dei ricordi legati alla passione calcistica?
«Quando la squadra della tua piccola città si confronta da pari a pari con le più grandi squadre del Paese, come fai a non innamorartene? Negli anni della mia infanzia e adolescenza ho frequentato assiduamente lo stadio Comunale, ma anche molti altri stadi della Serie A di allora al seguito di un gruppo di atleti che, nel mio immaginario, rappresentava l’inesorabile rivincita del più debole contro il più forte. Una connotazione quasi mitologica che, sono certo, era al tempo condivisa da molti concittadini e corregionali».
Petitto regista: ci racconta come è nata questa passione poi diventata professione?
«Sinceramente, non me lo ricordo. Ad un certo punto, negli ultimi anni del liceo, il cinema è diventato l’unica cosa che mi interessasse davvero. Qualche tempo dopo, mi sono ritrovato a Roma a studiare al Centro Sperimentale di Cinematografia. Per il momento, la passione non mi ha mai abbandonato neanche per un attimo».
Quale il suo rapporto oggi con Catanzaro? La frequenta, ne vive alcuni luoghi e, su tutto, qual è il suo giudizio sulla città?
«Torno raramente a Catanzaro, prevalentemente durante le feste o qualche giorno d’estate. Mi piace riscoprire alcuni angoli del centro, specialmente quelli in cui, ormai più di venti anni fa, girai i miei primi cortometraggi. È una città diversa da quella che ho vissuto da ragazzo, per molti versi migliore. Sembra, però, non aver ancora imparato ad amarsi. Si sente la mancanza di qualcosa che unisca più profondamente i suoi cittadini».
Un suggerimento per migliorarla?
«Io credo che ogni popolo abbia diritto al proprio pantheon di miti. Forse ciò che manca alla nostra città è proprio una rielaborazione delle proprie storie ed eccellenze passate e presenti, attraverso le forme d’arte più varie. Azzardo un’idea tra tante: quanta capacità suggestiva avrebbe un’opera lirica moderna ambientata durante la rivolta del 1461, oppure durante l’assedio del 1528? Confesso che farei di tutto per essere in prima fila al Politeama a godere di uno spettacolo del genere. E il mio intuito mi suggerisce che non sarei l’unico spettatore».
Un consiglio a un ragazzo di Catanzaro, che desidera affermarsi e trovare se stesso anche partendo da un piccola città di provincia?
«La risposta è facile: ignorare i tanti che, inevitabilmente, ti tratteranno con sufficienza; trovare degli alleati sinceri che riescano quantomeno a percepire la genuinità delle tue passioni; studiare e lavorare più di quanto ti sembri umanamente possibile, perché se parti da lontano devi dimostrare di valere più degli altri. Il mio augurio non è di trovare te stesso, ma di trovare tanti altri come te. Perché senza il confronto con chi è animato dallo stesso fuoco che brucia dentro di te non potrai mai crescere».
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