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COSENZA – I locali notturni da una parte. I locali di ’ndrangheta dall’altra e lui nel mezzo. È in questo solco che, fino a poco tempo addietro, si è dispiegata la vita di Giuseppe Montemurro, il 36enne cosentino che da alcune ore collabora con la giustizia. L’uomo, considerato vicino al clan Rango-Abbruzzese, era stato fermato due giorni fa dai carabinieri a seguito del ritrovamento di armi e munizioni a Cerisano, nell’abitazione dei suoi familiari. Vistosi ormai alle corde, ha deciso di voltare le spalle al crimine. Il suo nome non dirà molto ai più, ma il suo volto è ben noto al cosiddetto popolo della notte: quello che d’inverno anima le discoteche di Cosenza e dell’hinterland e che d’estate si trasferisce a pié pari nelle strutture ricreative del Tirreno.
Montemurro, infatti, era uno dei titolari dell’agenzia di bodyguard che, secondo gli investigatori, deteneva una sorta di monopolio dei servizi di vigilanza all’interno delle discoteche bruzie; servizi ottenuti grazie ai collegamenti diretti tra l’azienda e la borgata a composizione mista zingari-italiani già immortalata nell’inchiesta “Nuova famiglia”. Proprio quella vicenda aveva acceso per la prima volta i riflettori sulla figura di Montemurro e del suo socio, accusati entrambi di un paio di estorsioni commesse ai danni dei gestori di altrettanti locali notturni della città. All’epoca, le misure cautelari che la Dda aveva chiesto nei loro confronti non erano state accolte dal giudice. Ora, però, la sua collaborazione potrebbe aiutare gli inquirenti a comprendere se i loro sospetti erano davvero fondati.
Sul contenuto delle prime dichiarazioni di Montemurro vige, ovviamente, il massimo riserbo investigativo. Riguardo alle pistole trovate in suo possesso, sembra che dovessero essere utilizzate in un’azione di fuoco, ma i contorni di questa vicenda sono, al momento, top secret. Di certo c’è che il nuovo collaboratore di giustizia potrebbe aiutare a far luce sui rapporti “pericolosi” tra movida e crimine organizzato. Un feeling che affonda le proprie radici nel tempo, se è vero com’è vero che le inchieste antimafia degli ultimi 15 anni hanno messo in evidenza come per diversi clan cosentini – da quello di San Vito ai Bella-bella, passando proprio per il gruppo Rango – detenere il controllo di una discoteca fosse anche una questione di prestigio.
Nell’ambito di “Nuova famiglia”, poi, era stato un altro pentito (Adolfo Foggetti, ndr) a spiegare come la malavita trovasse il modo di lucrare su gran parte dei locali notturni, il tutto a scapito degli stessi proprietari, costretti spesso a subire le imposizioni di boss e gregari. Ora, sarà anche Montemurro a spiegare se le cose stanno davvero così.
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