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CATANZARO – L’ombra lunga del racket si proietta sui murales. Le pratiche estorsive, di cui sono vittime gli esercizi commerciali, sembrano non risparmiare nemmeno l’arte e la volontà di riqualificare le periferie “impenetrabili” messa in campo dai ragazzi del festival di street – art “Alt!Rove” a Catanzaro.
È questo il retroscena inquietante che emerge dal post pubblicato sui social dal consigliere comunale e provinciale Marco Polimeni.
Poco più di un mese fa da quando l’Aranceto (quartiere della periferia sud del capoluogo calabrese, ndc) è divenuto palcoscenico dell’efferato delitto di Toro seduto, il quartiere aveva assistito agli interventi murali realizzati da artisti di ambito internazionale che avevano raggiunto il capoluogo calabrese per partecipare alla seconda edizione del festival. Un mese e poco più. Qualche giorno fa il post di Polimeni.
«Per una dichiarata continuità di intenti – scrive il consigliere in rete – il festival, non vuole solo offrire una opportunità di riqualificazione culturale e urbana, vuole bensì andare oltre, travestendosi ogni anno da portatore sano di messaggi sociali e, perché no, politici. L’ardua impresa di quest’anno, certamente pregnante di un significato che va oltre il materiale, è stata di portare quei colori, quei sapori e quelle emozioni tipiche di “Alt!Rove” anche nei cosiddetti quartieri “impenetrabili”». E fin qui le “luci” di un festival di grande richiamo che ha permesso che la città di Catanzaro fosse sotto i riflettori dalle maggiori testate giornalistiche nazionali oltre che delle riviste di settore sparse nel mondo. Luci e ombre. «Le reazioni del quartiere – ha scritto ancora Polimeni sui social – inutile dirlo, sono state di varia natura. Da un lato i numerosi bambini e gli anziani che hanno apprezzato l’operato degli artisti, osservandone e commentando i colori e le forme, forse sentendosi parte di una iniziativa che, giungendo fino a loro, superava i classici confini dei quartieri “bene” della città. Dall’altro lato abbiamo dovuto fare i conti con la triste e ingovernabile realtà che purtroppo conosciamo e con quella parte della comunità rom che vive di illegalità e prova a lucrare su qualsiasi cosa».
Il riferimento porta dritto alle presunte minacce e richieste estorsive che avrebbero subito alcuni degli artisti che hanno animato il festival. «In questa circostanza – ha commentato Polimeni – abbiamo appreso quanto sia difficile operare a qualsiasi livello in alcuni quartieri della nostra città. Non è stato semplice, appunto, ma vedere oggi queste splendide raffigurazioni murali donare uno sprazzo di colore in un quartiere dalla grigia quotidianità ci inorgoglisce ancora di più. Non è più possibile, com’è invece accaduto in passato, girarsi dall’altra parte per far finta di non vedere tutti quei luoghi. Siamo consci: una goccia in un mare non renderà le acque meno torbide, ma certamente riuscirà a smuoverle per qualche istante e, magari, svegliare qualche coscienza in più».
Un invito senza se e senza ma quello di Polimeni a rompere quel velo di omertà dietro il quale si celano vicende come questa. Un velo che non solo l’intervento delle forze dell’ordine può tentare di squarciare per rendere democraticamente agibili quei quartieri “ghetto” e garantire a tutti, anche agli appassionati di tutto il mondo di street art che visiteranno Catanzaro per osservarne i “muri” di fruirli liberamente. Senza ombre.
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