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COSENZA – I carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno eseguito otto misure cautelari, emesse dal gip del Tribunale di Cosenza, per reati di estorsione, ricettazione, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria e favoreggiamento personale.
Il provvedimento prevede la custodia cautelare in carcere per sei persone, tra cui due donne, gli arresti domiciliari per un’altra e infine un obbligo di presentazione alla polizia. Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza, hanno permesso di interrompere un’azione di “cavallo di ritorno”.
Gli arrestati sono Franco Abbruzzese, Hamid Zoubir, Ivan Trinni, Patrizia Berlingieri, Leonardo Berlingieri, Anna Manzo, Dorin Adrian Teglas. Quest’ultimo è ai domiciliari. Un’ottava persona è stata sottoposta all’obbligo di firma
Le persone tratte in arresto, dopo aver “acquisito” autoveicoli rubati a Cosenza e a Rende, contattavano sistematicamente per telefono le vittime del furto per estorcergli del denaro per la restituzione dell’automezzo (GUARDA il video delle telefonate).
«Stasera andiamo a cena fuori» era la frase in codice che dava il via al furto delle auto secondo quanto emerge dalle intercettazioni dell’operazione chiamata proprio Dine out (A cena fuori) in esecuzione di una ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Cosenza su richiesta del pm della Procura, Antonio Bruno Tridico.
«Nessuno aiuto – ha detto il procuratore aggiunto Marisa Manzini – è venuto da parte delle vittime. E la mancanza di collaborazione impedisce di fare operazioni più importanti. Si è lavorato, quindi, solo su attività tecniche e tra gli indagati c’è anche una delle vittime che ha pagato per riavere la propria autovettura. A questa persona viene contestato il reato di favoreggiamento».
Dalle attività tecniche svolte nell’indagine condotta dal Nucleo investigativo del Reparto operativo, in particolare, è venuta fuori l’esistenza di una doppia richiesta estorsiva. Infatti, la richiesta di denaro non riguardava solo la restituzione dell’auto rubata, ma, anche, l’eventuale presenza all’interno della vettura di oggetti di valore.
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