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REGGIO CALABRIA – Dopo che negli scorsi giorni il prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, aveva annunciato l’intenzione di procedere all’abbattimento delle cosiddette vacche sacre, i bovini riconducibili ad esponenti della ‘ndrangheta lasciati liberi di pascolare ovunque e senza controllo con conseguente pericolo per la circolazione stradale e ferroviaria e danni ingenti per la colture agricole (LEGGI LA NOTIZIA), è partita l’attività di controllo e di monitoraggio da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.
Sammartino ha disposto l’abbattimento degli animali «per ragioni di grave necessità ed urgenza nel caso in cui – si afferma nel provvedimento – dovessero creare situazioni di pericolo concreto per l’incolumità delle popolazioni e per la sicurezza della circolazione stradale e ferroviaria». Secondo quanto riferito dai carabinieri, negli ultimi tre anni sono stati segnalati in tutto il territorio provinciale 31 avvistamenti di bovini vaganti. Gli incidenti causati dalla presenza incontrollata degli animali sono stati tre, due ferroviari, nel tratto della linea jonica compreso tra Bova Marina e Monasterace, ed uno lungo una strada provinciale, dove una vacca è stata investita da un’automobile.
La presenza dei bovini, in 28 casi sui 31 segnalati, non ha provocato conseguenze grazie al pronto intervento dei carabinieri. L’avvistamento dei capi di bestiame vaganti ha portato alla denuncia all’autorità giudiziaria di 37 persone, ma le indagini proseguono incessantemente per tenere la situazione sotto controllo. Dall’ordinanza emessa dal prefetto Sammartino, comunque, si fa rilevare ancora negli ambienti investigativi, non deriva alcuna situazione da «far-west», come è stato paventato da alcuni.
(LEGGI LA NOTIZIA SULLA PETIZIONE ONLINE PER SALVARE GLI ANIMALI)
La realtà è «che il provvedimento che è stato emesso consente tecnicamente di intervenire in caso di presenza di bovini vaganti, eliminando situazioni di potenziale pericolo per l’incolumità pubblica. Il vero problema, però, – riferiscono ancora gli investigatori – è rappresentato dal timore di molte persone a denunciare la presenza di “vacche sacre” su loro proprietà o per strada per il timore di subire ritorsioni. Elemento che rende difficile l’accertamento dell’esatta portata del fenomeno, le cui dimensioni, comunque, appaiono ben più consistenti rispetto a quanto emerge dai dati ufficiali su cui possono contare la magistratura e le forze dell’ordine.
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