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COSENZA – Un omicidio commesso 33 anni fa e per il quale c’era un solo accusato. Oggi però interviene la prescrizione e quell’accusato è stato assolto. E’ la storia che racconta sul Quotidiano del Sud di oggi Marco Cribari. La vittima di quell’omicidio fu Pompeo Panaro, un consigliere comunale della Dc di Paola (CS), della quale era stato anche vicesindaco. Era il 1982, quando fu ucciso dalla ’ndrangheta per un tragico errore. L’unico finito sotto accusa per la sua morte, il boss pentito Giuliano Serpa, è stato assolto, come detto, per intervenuta prescrizione del reato mentre il pm della Dda Pierpaolo Bruni aveva chiesto nove anni di reclusione. Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che per i delitti commessi prima dell’entrata in vigore della Legge Cirielli, in presenza di attenuanti concesse all’imputato, anche l’omicidio può rientrare nei crimini “estinti”. E nel caso di Serpa, ovviamente, le attenuanti erano rappresentate dal suo status di collaboratore di giustizia.
In tutti questi anni non è stato possibile incriminare mandanti ed esecutori materiali: alcuni sono ormai defunti, per altri non c’erano riscontri alle indicazioni date dal pentito.
Panaro era titolare di un negozio di generi alimentari a Paola. Ignorava che in un appartamento limitrofo al suo locale, si nascondesse un latitante della ’ndrangheta. I fiancheggiatori di quest’ultimo andavano spesso da Panaro ad acquistare vettovaglie e, quando i carabinieri fecero irruzione nell’appartamento, arrestando la primula, si misero a caccia del delatore che aveva fatto la soffiata ai carabinieri. Per ragioni imperscrutabili, i sospetti caddero su Panaro. Gli rubarono l’auto e, 24 ore più tardi, lo attirarono in un tranello con il pretesto di restituirgliela. Ad attenderlo, invece, c’era un colpo di pistola che gli trapassò il cuore. Fu sepolto, ma i cani fecero scempio del suo corpo, suggerendo agli assassini di tornare sul posto e completare il lavoro con l’acido. Di lui restò solo un osso, ritrovato già nel 1984 e custodito nella cappella di famiglia fino al 2007, quando gli esami del Dna confermarono ciò che già si sapeva: che per Pompeo Panaro non ci sarebbe stata giustizia.
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