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CATANZARO – Spuntano anche legami con uomini legati alla ‘ndrangheta nell’indagine che ha portato all’arresto del presidente del Parma calcio Giampietro Manenti. L’imprenditore è stato arrestato con l’accusa di reimpiego di capitali illeciti. Ma non sono solo questi i legami tra la Calabria e l’operazione che ha fatto scattare le manette nei confronti del presidente della squadra di serie A.
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Nel corso delle indagini della Guardia di finanza, è emerso, infatti, che circa 13 milioni di euro sono stati dirottati, oltre che su alcuni conti correnti personali, anche verso società che nannerini aveva nel frattempo costituito e che hanno impiegato le risorse finanziarie per avviare attività economiche nel settore delle energie rinnovabili in provincia di Catanzaro, dove hanno realizzato un parco fotovoltaico ed un impianto di produzione di energia elettrica a biomassa.
Per quanto riguarda i rapporti con la criminalità organizzata calabrese, sono stati ricostruiti gli accessi degli hacker al server di una banca svizzera con trasferimento di 5 milioni di euro a una società spagnola riconducibile a un commercialista di Grosseto, Guido Tori, arrestato. In questo caso è emersa la presenza di soggetti legati alla ‘ndrangheta, Michele Fidale e Ilario Ventrice, intermediari con precedenti per associazione mafiosa. Il gruppo criminale stava cercando di finalizzare altri due clamorosi trasferimenti di fondi per via informatica, per 10 milioni di dollari e dopo 3 giorni di altri 30 milioni di euro da una banca svizzera a un altro Paese europeo. Di qui l’accelerazione dell’indagine della Finanza e gli arresti per impedire il compimento di queste operazioni illecite compiute dagli hacker.
Giampietro Manenti è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una inchiesta condotta dalla procura di Roma. L’operazione non riguarda solo il patron del club crociato ma anche altre 21 persone.
Ed è un universo sfaccettato quello restituito dal gip Cinzia Parasporo nelle due ordinanze di custodia cautelare che abbracciano entrambe le questioni fissate dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza. L’indagine del pm Giorgio Orano coinvolge nomi e società, aziende e teste di legno. In carcere stamane sono finite 21 persone. Una è andata ai domiciliari. Tra i 65 obiettivi di perquisizione c’è di tutto. Uffici, residenze private e la stessa ragioneria dello stato, luogo di lavoro di alcuni degli indagati. (sa.pu.)
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