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TORINO – Dopo la decisione della Cassazione in riferimento a 50 imputati per i quali le condanne sono diventate definitive (LEGGI LA NOTIZIA DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULLA ‘NDRANGHETA IN PIEMONTE) il secondo troncone del processo scaturito dall’inchiesta Minotauro prosegue davanti la corte d’Appello di Torino dove il procuratore generale Antonio Malagnino, assieme ai colleghi Roberto Sparagna e Monica Abbatecola, ha chiesto 63 condanne per un totale di 609 anni di carcere.
Il troncone in questione riguarda vari aspetti delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel torinese. Secondo il pool di magistrati al nord la ‘ndrangheta è meno appariscente ma più concreta, nello specifico «la ‘ndrangheta al Nord – ha detto Sparagna – opera in modo diverso, in silenzio: si adatta, si mimetizza, e questo la rende più insidiosa e persino più difficile da aggredire». Secondo quanto appurato dalle indagini i clan in Piemonte sarebbero presenti «almeno dal 1972, quando abbiamo certezza della richiesta, formulata a un pentito, di aderire al ‘locale’ di Chivasso». Sul fatto che la presenza della ‘Ndrangheta sul territorio fosse tollerata, Sparagna ha aggiunto che «è possibile che i politici piemontesi potessero non sapere dei legami di parentela di alcune persone con i boss in Calabria, ma abbiamo il sospetto che i politici di origine calabrese non potessero non saperli»
In primo grado 36 dei 74 imputati erano stati condannati. Su 11 assolti la procura non aveva poi presentato ricorso. Tra le richieste di condanna anche la conferma dei 10 anni di carcere inflitti in primo grado a Nevio Coral, ex sindaco di Leinì. La pena più alta, a 20 anni e 6 mesi, è stata chiesta per Nicola Macrina, considerato appartenente alla locale di Volpiano.
Nell’ambito del procedimento i Comuni di Leinì e Volpiano hanno chiesto rispettivamente un milione e 700 mila euro di risarcimento a Nevio Coral, imputato nel processo d’appello. Coral, storico esponente del centrodestra, è stato sindaco di Leinì per 11 anni ed è stato candidato sindaco a Volpiano. Le richieste sono state formulate dall’avvocato Giulio Calosso, che ha chiesto, in alternativa, provvisionali della metà in attesa che un giudizio civile stabilisca l’ammontare definitivo dei risarcimenti.
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