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CATANZARO – «A fronte di tanti segni di falsa religiosità, chi doveva coglierli e contrastarli davanti allo stesso popolo non lo ha fatto; preti e vescovi in Calabria, Sicilia e Campania sono stati, salvo rare e nobilissime eccezioni, silenti e hanno perfino ignorato messaggi forti che pur provenivano dall’alto: basti pensare a quelli di Giovanni Paolo II ad Agrigento e di Benedetto XVI a Palermo». 

Ad entrare nel merito di un tema troppe volte considerato tabù e molto spesso tenuto chiuso nei cassetti, è la relazione annuale della Direzione nazionale Antimafia, partendo dall’analisi delle soste delle processioni religiose davanti alle case di boss della criminalità. Ed anche nell’ultima operazione contro la ‘ndrangheta, legata alla cosca crotonese dei Grande Aracri, sono emersi i rapporti con alti prelati pronti ad intervenire persino per trasferire di carcere un detenuto (LEGGI).

LA RELAZIONE DELLA DNA: IL BUSINESS DELLE COSCHE E LA COCA A GIOIA TAURO

Un tema particolarmente complesso, sul quale si è soffermato anche Franco Roberti, da poco più di un anno e mezzo procuratore nazionale Antimafia. E davanti alle ipotesi di collusione tra la ‘ndrangheta e vari settori ed apparati del mondo religioso, sociale, politico ed imprenditoriale, il magistrato ha scelto di essere chiaro fino in fondo. 

LE PROCESSIONI CALABRESI “INDAGATE” PER GLI INCHINI AI BOSS

Roberti non ha dubbi: «Sono convinto che la chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie e che grande responsabilità per i silenzi sia della Chiesa. Viene ammazzato don Diana, poi don Puglisi: reazioni zero. Siamo dovuti arrivare al 2009 per iniziare a parlarne timidamente. Ora finalmente si è mossa qualcosa con Papa Francesco ma per decenni la Chiesa avrebbe potuto fare ma non ha fatto nulla. Papa Francesco – ha aggiunto – ne parla apertamente ma sono dovuti passare altri 6 anni per la scomunica dei mafiosi».

Tra i segni «concreti di cambiamento», la Dna ha ricordato il decreto del vescovo di Acireale del 20 giugno 2013, che ha vietato nella sua diocesi il funerale in chiesa al mafioso condannato che non abbia manifestato, «nel faro esterno», alcun segno di ravvedimento; «provvedimento questo certamente innovativo e che quasi anticipa il senso religioso della scomunica lanciata ai mafiosi da Papa Francesco in Calabria».

VIDEO: LA SCOMUNICA DI PAPA FRANCESCO

«In questa occasione – osserva la Dna – il Papa ha pronunciato parole di grande impegno, quasi un programma antimafia e dopo quella visita l’atteggiamento della chiesa
locale è cambiato: sono così finalmente risuonate esplicite parole di condanna contro quella blasfema manifestazione di finta religiosità avvenuta a Oppido Mamertino e sono stati maggiormente sostenuti giovani preti che operano sull’esempio di due eroi dell’antimafia che sono don Peppino Diana e don Pino Puglisi, uccisi a causa dei valori che divulgavano».

PAPA FRANCESCO RIBADISCE LA SCOMUNICA PER I MAFIOSI

 

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