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Si era occupato anche delle primavere arabe e della «lingue della rivolta» il prof. Massimo Bevacqua, l’arabista docente nelle università di Tunisi, Urbino e Roma, trovato morto in circostanze misteriose nella sua abitazione di Sidi Bou Said, a 20 km dalla capitale tunisina. Secondo le prime informazioni, il decesso risale alla notte tra il 3 e il 4 febbraio: il corpo presentava delle ustioni dovute ad un incendio scoppiato nell’appartamento, ma i media locali parlano di una morte avvenuta in circostanze oscure.
Una collaboratrice tunisina dell’ateneo di Urbino ha ricevuto una telefonata secondo cui qualcuno si sarebbe introdotto in casa del professore mettendo tutto a soqquadro, lo avrebbe accoltellato e poi avrebbe appiccato il rogo.
«Nessuna certezza sulla dinamica – ha riferito all’ANSA l’addetto stampa dell’Ambasciata italiana a Tunisi – attendiamo gli esiti delle indagini avviate dalla magistratura tunisina» e l’autopsia, fissata per domani. Massimo Bevacqua avrebbe compiuto 42 anni domenica prossima. Era nato a Rossano (Cosenza), dove vivono ancora la madre e i 4 fratelli, uno dei quali, Cataldo, è partito per Tunisi appena appresa la notizia.
Da tempo abitava a Sidi Bou Said, un villaggio turistico dove risiedono molti stranieri. Il mondo arabo e la filologia erano le sue passioni da sempre. Si era laureato in Lingue straniere-indirizzo orientale alla ‘Sapienzà, con una tesi in Dialettologia araba e il massimo dei voti. Poi aveva ottenuto un dottorato di ricerca internazionale all’Università di Bari, un diploma di master in traduzione editoriale arabo-italiano e vari attestati di frequenza a corsi in lingua araba, seguiti anche a Damasco, in Siria. Era membro dell’Association Internationale de Dialectologie Arabe (Aida).
«Siamo sconvolti. Massimo Bevacqua era un collega di valore e una bravissima persona, non sappiamo cosa possa essere accaduto» dice il prof. Klaus Ehrardt, coordinatore del corso universitario di Pesaro Studi (Facoltà di Lingue e culture straniere dell’ateneo di Urbino) in cui Bevacqua insegnava lingua araba con un incarico a contratto. Il docente calabrese teneva corsi pure a Roma e insegnava lingua italiana presso l’Istituto italiano di Cultura a Tunisi e l’Università di Cartagine.
A Pesaro sarebbe dovuto tornare il 18 febbraio per le sessioni d’esame e di laurea. «Era molto stimato e apprezzato dai ragazzi, un ottimo arabista, insegnava con entusiasmo e serietà». Come molti docenti a contratto «per vivere doveva fare tanti lavori in tutte queste università e spesso, quando lo cercavamo al telefono, ci rispondeva da qualche aeroporto». Fra le sue tante attività anche corsi di lingua e cultura arabe per gli operatori di alcune onlus e del Centro italiano di Solidarietà. Alla ‘Sapienzà aveva tenuto lezioni di arabo libanese a personale del ministero della Difesa.
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