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VIBO VALENTIA – Quando dalla casa editrice lo chiamarono per proporgli di fare della sua esperienza un’autobiografia, gli dissero che il libro si sarebbe scritto da solo. Come una favola moderna che nemmeno la più fervida delle immaginazioni avrebbe potuto partorire. Nella sua storia in effetti c’è tutto. C’è uno sportivo vincente nel fiore degli anni. C’è l’amore per la sua famiglia e il trauma della malattia. C’è la sofferenza della cura e la battaglia per la guarigione. C’è il riscatto dello sportivo e l’impegno sociale. E c’è il colpo di scena finale, l’appuntamento con il destino che chiude il cerchio, la partita della vita che lo consegna agli annali.
Questa storia l’ha scritta Giacomo “Jack” Sintini, campione di pallavolo che, a 32 anni, all’apice della sua carriera, scopre di avere un cancro, aggressivo e avanzato: un linfoma “non-Hodgkin” al quarto stadio. L’ha scritta con “Forza e coraggio”, sostantivi che oggi danno il titolo al suo libro, edito da Mondadori, in cui racconta come ha sconfitto il cancro ed è tornato a vincere. Volume che ha presentato anche a Vibo, su iniziativa della società di consulting Silvia Riga Coaching, alla Provincia.
Il campione, attualmente alla Tonno Callipo, ha così raccontato la sua personale battaglia, il suo riscatto umano e sportivo, l’impegno con l’associazione che porta il suo nome e raccoglie fondi per la ricerca. Lo ha fatto «senza la presunzione di voler insegnare niente a nessuno», nella convinzione che «la mia storia a lieto fine possa dare una speranza a tanti». Ha raccontato così, Sintini, di come il mondo gli sia crollato addosso in un giorno di giugno, di come abbia pensato di «essere morto e che non avrei più rivisto le persone che amavo». E di come abbia trovato la forza di reagire «per non dare un dolore così grande a mia figlia e alla mia famiglia». Di come, sorretto da una fede incrollabile, abbia affrontato la malattia e la chemioterapia «nell’unico modo che conoscevo: col piglio dello sportivo professionista».
Sintini torna a casa dopo un autotrapianto di staminali e una setticemia sconfitta. Il male regredisce. I successivi controlli hanno esiti positivi. Può dirsi finalmente guarito. Ma non gli basta: vuole tornare alla sua vita, alla pallavolo. E vuol far sì che la sua esperienza porti conforto ad altri. Così, dopo due mesi di allenamento riconquista l’idoneità sportiva e, nel frattempo, fonda l’associazione. Finché non arriva l’occasione a lungo attesa: una squadra lo vuole. Lo chiama Trento, la più forte su piazza, che gli offre il ruolo di secondo di Raphael in regia. Così, spiega, «rientro nel mio mondo dalla porta principale e, anche se gioco poco o nulla, è un’opportunità unica».
Poi, come in un thriller mozzafiato, arriva il “coupe de theatre”. Il palleggiatore titolare s’infortuna in gara 4 della finale scudetto. Per Jack si aprono le porte della sfida decisiva. «Passo una notte insonne, sentivo su di me tutto il peso della responsabilità. Non solo per la posta in palio ma anche per quanti vedevano in me un simbolo». La finale è un trionfo: per Trento che vince lo scudetto e per Sintini, incoronato miglior giocatore della gara. «In quel momento ho provato solo un grande senso di gratitudine» confessa. «Questa esperienza mi ha cambiato profondamente, regalandomi tre grandi insegnamenti di vita: nessuna difficoltà deve farci paura; siamo disposti a lottare molto di più per gli altri che per noi stessi e, infine, da qualsiasi esperienza negativa può nascere un’opportunità».
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