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COSENZA – «Posso giusto dire che la mia è una battaglia iniziata 27 anni fa e che voglio solo giustizia. Continuo ad affidarmi ai giudici, nei cui confronti nutro il massimo rispetto». E’ quanto si è limitato a dire al Quotidiano Franco Lanzino, il padre di Roberta, dopo la notizia dell’isolamento del Dna dell’assassino della figlia. Un risultato al quale sono arrivati i Ris di Messina che alla Corte di Assise di Cosenza hanno depositato una perizia di 63 pagine nella quale spiegano di essere riusciti a isolare il liquido seminale ritrovato nel terriccio del luogo dell’omicidio.
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Una vera e propria svolta nelle indagini perchè questo permetterà di risalire al dna dell’uomo che ha violentato e ucciso la ragazza rendese nell’estate del 1988. Sotto processo ci sono tre pastori di Cerisano, Alfredo Sansone e i figli Franco e Remo. Franco è accusato di aver violentato e ucciso insieme allo scomparso Luigi Carbone la povera Roberta. I tre Sansone di aver poi fatto scomparire per sempre Carbone, scomodo testimone.
QUANDO FU RITROVATO IL BRACCIALETTO DI ROBERTA
La prossima udienza è fissata per il 21 gennaio. In aula compariranno i carabinieri del Ris, che relazioneranno su degli esami effettuati sul alcuni oggetti e indumenti. Le indagini sono arrivate a questo punto dopo che lo scorso mese di ottobre si è deciso di effettuare indagini su elementi mai periziati nel corso di questi anni, come il braccialetto che Roberta indossava e il motorino sul quale la ragazza viaggiava.
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