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CROTONE – Dopo cinque anni di sofferenza, finisce l’incubo per Giuseppe Fabiano, avvocato 38enne assolto, in Appello, con la formula “perché il fatto non sussiste”, dall’accusa di reimpiego di capitali illeciti con la quale era stato coinvolto nella maxi inchiesta Domino, quella che fece luce sul crac del gruppo Esposito e che, nell’aprile scorso, portò a 12 condanne e 11 assoluzioni.
La posizione di Fabiano, imputato per fatti risalenti a un periodo tra il novembre 2007 e il gennaio 2008, era stata stralciata dal processo madre. Per quei nove assegni che, secondo l’accusa, provenivano dal patrimonio del gruppo imprenditoriale, Fabiano fu condannato, nel luglio scorso, con il rito abbreviato, a un anno e otto mesi di reclusione anche se il gup del Tribunale di Crotone Bianca Maria Todaro gli concesse i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale. Ma ieri la Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta da Giancarlo Bianchi, ha ribaltato quel verdetto accogliendo in toto la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Paolo Carnuccio, secondo cui nessuna operazione illecita fu compiuta dal suo assistito in quanto gli assegni non erano coperti dagli Esposito.
«Le sentenze vanno sempre rispettate – commenta l’avvocato Carnuccio – e quando c’è corrispondenza con il lavoro difensivo questo è motivo di gratificazione professionale. Ma in questo caso – prosegue il difensore – la mia soddisfazione va oltre l’aspetto tecnico in quanto dietro il processo c’era la sofferenza del mio assistito del quale, finalmente, è stata dimostrata l’assenza di contiguità col gruppo al centro dell’inchiesta». Il sostituto procuratore generale di Catanzaro Massimo Lia aveva chiesto la conferma della sentenza emessa in primo grado.
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