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VIBO VALENTIA – A 18 mesi dal rinvio a giudizio ancora non è iniziato il processo a carico di un medico reggino per la morte di una donna del Vibonese, Lauretta Pugliese, deceduta nel 2011 in una struttura sanitaria a Villa San Giovanni. La prescrizione scatterà nel 2019 ma dalla fine dell’udienza preliminare si sono susseguiti una serie di rinvii dell’inizio processo.
L’ultima udienza – anche questa con un nulla di fatto – si è svolta il 27 novembre scorso dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Reggio Calabria. Unico imputato è un medico anestesista al quale è contestato il reato di omicidio colposo.
TRE ANNI SENZA UDIENZE: CASO ANALOGO NEL REGGINO
Lauretta Pugliese, la donna di Caria, frazione del comune di Drapia, è morta a 44 anni, lasciando il marito e due giovani figli, Domenico e Annalisa, entrambi studenti universitari. Affetta da displasia, aveva subito un intervento chirurgico di artroplastica con artroprotesi alla gamba destra, presso la clinica “Villa Caminiti” di Villa San Giovanni. Dal rientro in stanza in uno stato soporifero e incosciente, ha cessato di vivere poco dopo sotto lo sguardo attonito della figlia Annalisa, la quale ha immediatamente denunciato l’accaduto e facendo, così, partire l’indagine.
Sul corpo della donna è stata eseguita un’autopsia oltre ad esami istologici e tossicologici. Dalla consulenza tecnica medico legale depositata a circa un anno dall’accaduto, l’operato del chirurgo ortopedico e aiuto ortopedico risultava idoneo e incensurabile. Dalla consulenza depositata – hanno riferito dalla famiglia Fusca-Pugliese – «è emerso invece che la morte della signora Lauretta è stata cagionata dall’anestesista, il quale ha errato nella somministrazione del dosaggio nonché dell’associazione degli stessi». Nel febbraio 2013 la conclusione delle indagini e la successiva richiesta di rinvio a giudizio del medico-anestesista componente l’equipe incaricata ad eseguire, presso la Casa di Cura Caminiti, l’intervento chirurgico di “sostituzione totale dell’anca destra in anestesia sub aracnoidea” sulla paziente, con le condotte per negligenza, imprudenza ed imperizia.
Ma ora, dopo l’ennesimo rinvio gli avvocati di parte civile Giuseppe Rombolà e Salvatore Campisi, si sono detti amareggiati. «È inconcepibile – affermano – che a distanza di un anno e mezzo da quando è stato disposto il rinvio a giudizio del presunto responsabile della morte della giovane donna non si sia ancora riusciti a celebrare una udienza senza che si trattasse di un mero rinvio. È evidente allora che se si va avanti di questo passo è assai probabile che si vada incontro alla prescrizione. In Calabria c’è il rischio concreto che lo Stato divenga simulacro di se stesso, in quanto non riesce più a garantire, ai normali cittadini, non solo la salute ma neppure la giustizia contro chi attenta alla stessa».
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