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COSENZA – Avevano tentato di intimidire il sindaco di Marano Marchesato per ottenere delle assunzioni, e per essere sicuri che il messaggio fosse chiaro avevano messo a segno intimidazioni anche ai danni del vicesindaco e di un assessore. Dopo cinque mesi di indagine sono stati scoperti e arrestati (LEGGI LA NOTIZIA DELLE INTIMIDAZIONI A SINDACO E GIUNTA DI MARANO MARCHESATO). Si tratta di Domenico Mignolo, 27 anni, Alberto Ruffolo (25) e Alberto Novello (22). Tre persone ritenute dal procuratore di Cosenza Dario Granieri gli autori di «un grave gesto criminale» (LEGGI IL COMMENTO DEL PROCURATORE CON IL DETTAGLIO SULLE INDAGINI)
Una situazione estremamente tesa quella che si è vissuta a Marano Marchesato fino ad oggi, non è da dimenticare come anche un giornalista del Quotidiano, Alessandro Chiappetta, che andò sul posto per intervistare le vittime delle intimidazioni subì a sua volta il danneggiamento dell’auto (LEGGI LA NOTIZIA).
L’arresto è stato eseguito dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone accusate di tentata estorsione. Il provvedimento, emesso dal gip su richiesta del procuratore di Cosenza Dario Granieri e del pubblico ministero Antonio Tridico, è scaturito dagli esiti delle indagini condotte dai carabinieri del reparto operativo e della Compagnia di Cosenza dopo una serie di atti intimidatori perpetrati a Marano Marchesato nella notte tra il 6 ed il 7 maggio scorsi ai danni del sindaco, Eduardo Vivacqua, del vicesindaco Giuseppe Belmonte e dell’assessore Domenico Carbone. Dalle indagini è emerso che le intimidazioni sono state compiute per costringere gli amministratori ad assumere al Comune o in un centro commerciale gestito dal vicesindaco, 5 persone legate per parentela o vicinanza ad esponenti contigui ad una cosca di ‘ndrangheta della zona. Obiettivo fallito, hanno evidenziato gli investigatori, per «il netto rifiuto opposto dalle persone offese».
A chiamare in causa i tre arrestati è stato un quarto giovane, coinvolto all’ultimo momento nell’atto intimidatorio dell’incendio delle auto e, a suo dire, inconsapevole, di cosa stava per accadere. Secondo l’accusa, i tre avrebbero incendiato le auto e indirizzato ai tre amministratori un biglietto con la scritta «i voti sono stati dati, se entro fine mese non escono cinque posti di lavoro al Comune o al Metropolis ogni singolo voto diventerà un colpo di pistola direttamente sulla vostra pelle» accompagnata da un proiettile calibro 7.65 e da alcune margherite.
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